giovedì 26 settembre 2013

Costruire sulla sabbia

Claudia Guerisi chiamò Roberto e gli ordinò delle sigarette.
"Sono in ritardo", disse, "avverti Giuseppe di tener pronta la macchina. Uscirò a momenti".
Squillò il telefono e il segretario della Sulcis informò Claudia che il consiglio si riuniva alle nove. Didi cantava quando, infilandosi il soprabito, Claudia comparve nell'atrio dove la cameriera la raggiunse con la cartella.
"Buon lavoro, commendatrice".
"Grazie".
Uscendo, Claudia si trovò fra le braccia di Federica Scelzo che entrava con la furia di un uragano. Con una esclamazione di gioia le due amiche si strinsero in un lungo abbraccio. "Beh, come mai qui?"
In dieci anni alcuni capelli di Federica si erano ingrigiti, ma la sua faccia dai tratti vigorosi conservava la freschezza femminile e l'espressione fanciullesca di un tempo. Claudia rientrò e la precedette nello studio dove il telefono squillava.
"Ma non risponde mai nessuno qui?" si stizzì, staccando la cornetta. "Roberto, porta da bere".
"Subito, commendatrice".
"Accidenti!" esclamò Federica, che s'era incantata ad ammirare la magnifica casa. "Anche commendatrice! Allora è vero che sei diventata un pezzo grosso".
Claudia non intese, stava parlando con il suo segretario. "Come?" gridò ad un tratto. "Telefona subito al commissario di bordo e fatti dire l'ora esatta della partenza della carboniera. Di' al direttore del reparto forniture di sospendere per ventiquattro ore, con una scusa qualsiasi, la fornitura del ferro. Flacangi? Fallo attendere, sarò lì a minuti. Mia cara," continuò rivolta a Federica, che gli sorrideva da una poltrona, "perdonami ma gli affari li devo seguire minuto per minuto".
"Sì, sì, capisco" rispose bonariamente Federica, che dopo dieci anni considerava Claudia ancora una ragazza. "Verrò a trovarti stasera".
"Stasera? Aspetta, stasera ho il consiglio della Sulcis".
"Come, sei della Sulcis?" chiese stupita Federica.
"Sono la presidente".
"Dunque uno dei miei padroni".
"Beh, hai forse da lamentarti del trattamento che ti abbiamo fatto?" chiese Claudia, ridendo di cuore.
"No, no, tutt'altro". Federica si accese una sigaretta, un lieve sorriso di malinconia le increspò le labbra, e rispose sottovoce: "Allora eri tu l'ignoto protettore".
"Io e un poco anche Didi".
"Didi?" chiese Federica. "E chi è Didi?"
"Giacomo".
Giacomo veniva canterellando verso lo studio; come vide la moglie restò immobile sulla soglia e non si accorse di Federica tanto fu grande il suo stupore.
"Come, sei ancora qui? Ti senti poco bene? Oh guarda chi c'è, Federica. Che sorpresa!".
Giacomo balzò al collo di Federica e con impeto fanciullesco le schioccò due baci sulle guance.
"Allora non vai ai cantieri?" continuò, rivolto alla moglie. "E Federica resta con noi? Federica, voglio saper tutto, tutto di questo lungo tempo".
"Allora vi lascio." Claudia colse l'occasione per dire che non poteva fermarsi, che gli affari la aspettavano, che ai cantieri non potevano fare a meno di lei.
"Senti, noi ci vedremo domani. Intanto Didi ti terrà compagnia; cenerai con lui, avrai tutto il tempo di raccontargli quello che vuol sapere. Ciao, domattina ti aspetto ai cantieri, vedrai che meraviglia".
Federica sorrideva in quel modo che gli scopriva appena i denti in un'espressione di tenera malinconia. "Povera Claudia!" esclamò. Ma Giacomo s'era oscurato. "Va, corri dietro agli affari" disse aspro, seguendo la moglie con la cartella. "Sai bene che sono gli affari", sbottò lei seccata mentre apriva la porta dell'atrio, frettolosa di andarsene.
"Ho i miei amici anche io", egli aggiunse, "e i miei impegni".
"E a bene, per un giorno puoi mandarli al diavolo. Son tutti sciocchi".
Claudia scese in fretta le scale senza aggiungere un saluto alla sua frase aspra.
"E' sempre così indaffarata?" domandò Federica quando Giacomo la ebbe raggiunta nel soggiorno.
"Questa è la vita di ogni giorno", sospirò Giacomo. "Con in più questi due minuti e le poche parole che ci siamo scambiati. A volte passano delle settimane senza che io abbia un segno della sua presenza in casa.
"Povera Claudia!" ripeté Federica accarezzandogli una mano e invitandolo a sedere in una poltrona accanto alla sua.
"Povera Claudia! Non sento dir altro intorno a me", si esaltò Giacomo levandosi e incominciando a camminare per la stanza. "Povera Claudia! Lei non ha tempo per divertirsi, per curarsi la salute, quasi per mangiare. Per suo marito non ne ha, assolutamente. Ma pensi te, te che ti sei presa il tempo per godere e per amare, pensate che cosa sia la mia vita?"
"Claudia lavora per te. E se non lo facesse non potreste vivere come vivete, non ti pare?"
"Oh, per me, farei volentieri a meno di tutto questo lusso, pur che potessi sentirmi vicino una moglie. Ma non voglio rattristarti inutilmente, povera amica. Andiamo fuori a pranzare, ti va? Conosco un locale alla moda dove ci divertiremo".
"Noi due soli? In un locale pubblico?" chiese stupita Federica. "E che cosa dirà la gente?"
Giacomo scoppiò a ridere fanciullescamente. "Che cosa dirà? Dirà quello che ha sempre detto: che ho delle amanti".
Federica lo guardò costernata.
"Ho troppo stima di te per credere a quello che mi dici".
"Siete una ingenua, oppure una furba, sì, una furbetta. Può essere un'ottima arma anche la tua. Scommetto che finirai col farmi la corte anche te".
Federica le si fermò davanti profondamente stupita: "Allora è vero quello che mi dici? Io non mi raccapezzo. Dieci anni fa, quando vi ho lasciati, tu e Claudia eravate la coppia più felice di questo mondo; il vostro è stato un matrimonio d'amore, no? Ora vi ritrovo così mutati, così tristemente diversi". Giacomo scosse il capo e i suoi occhi brillarono insolitamente; rise ad un tratto d'un riso aspro, insincero.
"Senti Federica, io bevo whisky senza soda, voglio dire che le cose mi piacciono chiare, nette, forti. Questo tuo romanticismo annacquato di borghesia mi dà fastidio". Vedendo la faccia di Federica contorcersi in una smorfia amara, egli continuò: "Oh, non volevo... non volevo ricordarti quel tempo... scusami".
"Ho vissuto quasi tutta la mia giovinezza tra la gente che lavora rischiando ogni giorno la vita. No, non ti potrei mentire Giacomo, non so fingere". Federica sedette di nuovo, un'ombra di tristezza le oscurava il volto.
"Capisco", rispose Giacomo. "Ebbene allora ti dirò che anche se le apparenze sono contro di me, tu ritrovi il ragazzo di dieci anni fa, intatto. Non fraintendermi, ti prego".
"Lo sapevo", mormorò Federica.
"Intatto," riprese Giacomo, "ma non intangibile. No, voi non mi capite. I miei trent'anni valgono di più di tutte le tue rinunce. Quando ci sposammo io e Claudia, non eravamo ricchi, lo sai, ma che felicità quando potevamo ritrovarci soli, la sera. C'era uno scopo oltre la sua fatica, oltre la mia solitudine, c'era l'amore. Ma poi, piano piano, Claudia è uscita dalla mia vita per rincorrere il denaro, gli affari, le soddisfazioni dell'ambiziosa che vuole stravincere. Io mi ritrovai ricco, con tutte le possibilità che offre la ricchezza. Così ho cercato fuori della mia casa un motivo di felicità. Adesso ho amici, amiche, sono invidiato: ho conosciuto il gusto di essere baciato da una bocca che non fosse quella di Claudia ed ho avuto motivo di avvilirmene. Sono stato cento volte sul punto di compiere l'atto... No, non l'ho fatto, Federica, ma non per lei, bensì per me. E ho sofferto anche di questo mio attaccamento alla tradizione della piccola morale borghese che vuole i mariti infelici, ma onesti".
Federica ascoltava a testa china. Non rispose. Ricordava Giacomo, il bello e giovane fidanzato della Claudia di un tempo, Giacomo dal vestitino dimesso come l'avevo conosciuto dieci anni prima nell'appartamento di Via Paradiso, quando si affannava intorno al fornello per preparare la torta di ribes che tanto piaceva a Claudia.
"Ci amiamo, ci amiamo, che male c'è? Perché mi fai quella faccia?" Si stupiva della sua malinconia, dei suoi improvvisi silenzi, delle sue improvvise assenze. "E Claudia?" domandò infine Federica scuotendosi.
"Claudia? Sempre più presa dagli affari, dai successi, dal gusto di inondarmi di danaro e di vincerla su tutti. A poco a poco la mia onestà è divenuta una parola priva di senso. Nella società che frequento io cambio amante ogni mese, intreccio flirts dalla mattina alla sera. Ebbene," s'infiammò Giacomo, "ebbene poiché questo si dice, poiché Claudia si allontana sempre più dalla mia vita, nessuno può dire che tutto ciò non possa domani diventar vero". Egli si guardò intorno smarrito e soggiunse sommessamente: "Ma me ne andrei via di qui".
"La amate ancora tanto?" chiese Federica, quasi senza voce.
Giacomo non rispose, si passò una mano sugli occhi che ritornarono vivi e lucenti. "Suvvia, andiamo a pranzo", esclamò con voce falsa, acuta. "Corri a vestirti. Troveremo i miei amici e ci divertiremo. Andremo all'Ambasciatori".

La mattina seguente Claudia era nel suo studio ai cantieri quando le fu annunciata Federica.
"Sono mezza morta", esclamò Federica accasciandosi in una poltrona e sfilandosi dai piedi le decolté rosa con almeno dieci centimetri di tacco. "Però ho voluto vederti ugualmente. Stanotte parto per Berlino".
"Di già?" chiese stupita Claudia. "Allora ti tengo a colazione con me. Andremo qui vicino, in una trattoria dove si mangia del pesce eccellente".
Federica vide che Claudia era tranquilla, di quella tranquillità che viene dal benessere e dall'abitudine del comando; notò pure che le sue mani tremavano un poco nell'atto di accendere la sigaretta e che l'amica, pur avendo ancora tutti i capelli neri, sembrava assai più invecchiata di lei.
"Ieri sera sono stata all'Ambasciatori con Giacomo. C'erano tutti i suoi amici", disse ad un tratto, decisa a parlare.
"Ti sarai annoiata con quei quattro stupidi", fece distrattamente Claudia.
"Con quei quattro stupidi c'era anche tuo marito", replicò Federica lanciandogli uno sguardo severo.
"Ma non importa, mio marito è il primo a dir male dei suoi amici". Claudia premette il pulsante della luce rossa affinché nessuno entrasse a disturbarle.
"Vorrei parlarti di Giacomo e di te". Federica si morse il labbro ricoperto da un dolcissimo gloss color rosa acceso. "Vi ho trovati diversi da come vi ho lasciati. Ne sono rattristata".
"Sei rimasta una romanticona", rise sottovoce Claudia, guardandola con affettuosa simpatia.
"Sono rimasta una romantica e ne ho piacere", rispose Federica. "Le mie speranze sono intatte, ecco tutto".
"Io le mie le ho attaccate al carro della realtà". Sulle labbra di Claudia passò un lieve lampo di soddisfazione. Le sue speranze aggiogate a quel carro avevano percorso un cammino notevole.
"Tu vivi ancora nel mondo dei fantasmi, mia cara. La vita è un'altra cosa".
"Ma tu non vivi affatto", la interruppe vivamente Federica.
"Io ho costruito", rispose Claudia con pazienza.
"Hai costruito sulla sabbia. Ieri sera ho assistito a delle cose che mi hanno fatto pena, mi hanno addirittura disgustata. Ho visto Giacomo tra le braccia di cento ballerine che se lo contendevano come per gioco. E tu permetti questo, tu lavori, accumuli, costruisci, come dici, per dare a tuo marito il gusto raffinato delle tentazioni. E' questo che hai costruito? Dieci anni di lavoro ti hanno portata a questa conclusione? A fare di tuo marito un povero uomo che non sa come e dove meglio cadere? Sei tu la Claudia gelosa di Via Paradiso? Io non so veramente fin dove voglia arrivare questo povero mondo di affaristi che non si accorge di correre alla bancarotta delle illusioni".
"Sembri un medico pessimista", rise Claudia mordendo la sigaretta.
"Sono una donna che non ha rinunciato a vivere. Ma non ti accorgi che Giacomo ti sfugge? Che vivete come due estranei? Che l'amore tra di voi ha il gusto della cenere e respira nell'aria il tradimento?"
"A questo punto, siamo giunti, al tradimento. Senti, non crederò mai Giacomo capace di un atto simile", rispose Claudia tormentandosi le mani.
"E hai ragione, conosci bene tuo marito, ma ti sfugge il concetto dell'uomo, le sue esigenze, la sua continua sete d'amore. Noi donne invecchiamo su questa parola. Abbiamo bisogno di amore. Giacomo ha avuto ieri sera parole dure verso di te: e quella sua sete di divertirsi, di stordirsi nel più cretino dei modi, non è altro che la strada aperta al tradimento. Di' un po', e se avesse un'amante?"
Claudia impallidì e non rispose: Federica insistette.
"Rispondi, se Giacomo avesse una amante? Io l'ho lasciato stanotte all'Ambasciatori con molte di quei tipi di nonsofarniente che tanto piacciono agli uomini per i loro pomeriggi senza scopo. L'hai visto tu rincasando?"
"No, non era ancora rientrato" rispose Claudia smarrita: si trovava davanti alla compagna maggiore come ai tempi dei suoi primi passi nel mondo degli affari. "Ma che cosa tenti di mettermi in testa?"
Federica prese la borsa e si avvicinò alla scrivania. "Niente, ho voluto avvertirti finché sei ancora in tempo. Tuo marito è innamorato di te, innamorato, bada bene, è la parola. Rifletti adesso sulle conseguenze di certe distrazioni. Noi donne non ci rendiamo conto di tante cose. Arrivederci". Federica appariva leggera nel varcare la soglia di quel sontuoso ufficio, solo un'ombra di malinconia le velava la faccia che conservava l'espressione fanciullesca di un tempo. Claudia restò in piedi con la mano sospesa nell'aria, una mano che ricadde inerte sul tavolo ingombro di carte; il raggio di sole che vi passava sopra faceva brillare la splendida fede nuziale.
"Eppure non l'ho tradito". Questo pensiero le passò rapido nella mente e vi lasciò come una nebbia chiara dentro la quale rivide Giacomo, il Giacomo di Via Paradiso, col grembiule civettuolo e l'aria affannata intorno al fornello. Senza rendersi conto di quello che facesse formò il numero di casa. Rispose Roberto per dirle che il signore dormiva. "Portagli l'apparecchio", ordinò Claudia. Furono istanti indicibili quelli che trascorsero per lei nell'attesa della voce cara. "Sono io, Claudia. Ma sì. sono io ti dico. Voglio, senti... faccio colazione in casa, sì alzati, mangiamo insieme. No, non scherzo. Preparati, tesoro, vengo subito, sì, subito, adesso..."
Rincasò sicura di sorprendere Giacomo nel letto: percorrendo le stanze ebbe modo di accorgersi che il suo cuore batteva in affanno come nei giorni felici di Via Paradiso. L'amore non era morto in lei e ora si destava dall'assopimento più forte che mai, pieno di palpiti, di pensieri, di tenerezze. "Giacomo, un'amante?" La coscienza le diceva che egli avrebbe avuto ben diritto di vuotare i suoi tesori in un cuore meno distratto del suo, tuttavia...
Il letto era già stato rifatto e dalla finestra entrava con l'aria primaverile il caldo sole del mattino.
"Dov'è Giacomo?" chiese Claudia a Roberto, che comparve sull'uscio. "E' uscito?" soggiunse improvvisamente sgomenta. "Non so, mi par d'averlo sentito in cucina" rispose Roberto, sorpreso da tante novità. Claudia guizzò via. "In cucina?" rifletté. "Che c'è andato a fare, in cucina?"
"...e la panna, ma ti raccomando, freschissima" strillava Giacomo correndo dai fornelli alla tavola e di qui alla porta del frigorifero, in affanno. "Signore", piagnucolò la voce della cuoca, "lasciate fare a me, ci penso io, vedrete che vi accontenterò".
Giacomo non rispose, levato il frullino dalla terrina, sorrise dell'opera sua; poi con mano esperta rimise in moto il frullauova.
Claudia gli giunse alle spalle. "Ah", ella strillò, "mi hai fatto paura".
Davanti alla cuoca sbalordita ella lo baciò, quindi rispose: "Anche tu, anche tu".
E finirono insieme di fare la torta di ribes.


Ita Baraldi