mercoledì 28 maggio 2014

Come eravamo: il tailleur a pantalone degli anni '60

Dopo aver analizzato la singolare "hobble skirt" della Belle Époque e aver proposto un simpatico outfit dei primi dell'Ottocento, oggi abbiamo deciso di lanciare uno sguardo a "come eravamo" in un'epoca assai più vicina alla nostra, ossia gli straordinari anni Sessanta, durante i quali la moda produsse innovazioni che oggi sono diventate ormai parte del nostro vivere quotidiano. Conosciamo tutte il caso della rivoluzionaria minigonna di Mary Quant, divenuta un simbolo delle trasformazioni sociali e politiche che quel decennio seppe produrre. Oggi però non parleremo di abiti o minigonne, ma bensì di pantaloni.

In Occidente, sino alla fine degli anni Cinquanta, la maggior parte delle donne indossava i pantaloni solamente nello svolgere alcune attività occasionali, come il giardinaggio e la cura della casa, andare al mare oppure per praticare degli sport. Per il resto, sia che si trattasse del luogo di lavoro, di un'occasione formale, della scuola o di un'uscita in famiglia, ci si aspettava che la donna in pubblico indossasse esclusivamente gonne o abiti lunghi, il cui orlo raramente osava andare poco al di sopra delle ginocchia. Quando poi, nel corso degli anni Sessanta, l'ondata del femminismo si diffuse in tutto l'Occidente e le donne iniziarono ad aumentare la loro presenza nel mondo del lavoro, il concetto che donna e gonna fossero sinonimi indissolubili iniziò finalmente a vacillare e ad essere percepito come anacronistico.


Pagina tratta da una rivista del 1965 nella quale vengono proposti
vari modelli di tailleur a pantalone (vedi nelle foto a seguire).
Le parole che introducono la didascalia riassumono da sole l'intero
concetto di novità: "The pantsuit is what's NOW, and what's coming".
Alcuni stilisti, come ad esempio il francese Yves Saint Laurent, risposero a questo desiderio di maggiore libertà creando il tailleur pantalone: un vestito, disegnato e concepito specificamente per le donne, composto per l'appunto da giacca e pantaloni. Entro la metà degli anni Sessanta, quasi tutte le principali case di moda producevano e commercializzavano pantaloni che le donne potevano indossare in qualsiasi ambito della loro vita sociale permettendo, specialmente sul luogo di lavoro, una mobilità e una flessibilità che mai sarebbero state possibili con indosso un abito o una gonna.
Alcuni di questi tailleur non erano altro che versioni femminili dei tradizionali modelli per uomo. Presentavano colori solidi, dal nero al blu al marrone, oppure in plaid o in tweed. Altri erano più tradizionalmente femminili, in colori pastello o addirittura in pizzo bianco su tessuto rosa. Le giacche venivano di svariata lunghezza ed erano a singolo o a doppiopetto. La maggior parte di questi pantaloni erano stretti, svasati oppure a forma conica. Per la loro realizzazione veniva usata una vasta gamma di materiali, come lana, pelle scamosciata, saia, velluto, seta, cotone o poliestere. A differenza dei loro colleghi uomini, le donne accessoriarono questi tailleur con sciarpe, collane, spille, guanti, curando anche l'abbinamento con borse e scarpe.

Al solito, in un mondo ancora fortemente maschilista e conservatore, non fu sempre facile per le donne essere accettate nei luoghi pubblici con questo tipo di outfit: soprattutto le giovani donne furono spesso oggetto di critica e disapprovazione, non solo da parte dell'establishment maschile, ma anche dalle loro colleghe più anziane. Nemmeno al di fuori della sfera lavorativa il cambiamento fu facile: molti dei ristoranti più esclusivi, ad esempio, si rifiutarono di ospitare donne vestite anche con i più esclusivi e raffinati modelli di pantalone. Ci volle del tempo prima che i codici di abbigliamento, sia sul posto di lavoro che nei locali pubblici, si adeguassero a questa nuova e fondamentale libertà che le donne erano riuscite finalmente a conquistare. In altri contesti, invece, il regolamento fu duro a morire: negli Stati Uniti ad esempio solo negli anni Novanta fu finalmente concesso alle donne di indossare pantaloni durante le sedute del Congresso.


Le donne che indossavano completi a pantalone, come questa ritratta in una foto dell'epoca, si videro a volte precluse
dall'ingresso in quei ristoranti che resistevano al movimento femminista degli anni sessanta
e che consideravano la donna in pantalone come troppo mascolina.


lunedì 26 maggio 2014

La dieta anti-buio

Esistono alimenti in grado di rendere la pelle più luminosa? Sì, come sostengono i nutrizionisti del Relilax, lo spazio beauty dell'Hotel Terme di Miramonti a Montegrotto. La carota e la zucca, per esempio, entrambe ricche di vitamina A. La prima ha proprietà eutrofiche e fa venire in generale una pelle più liscia. La zucca, invece, ricca anche di potassio, ha una azione regolatrice del metabolismo cutaneo. E non vanno dimenticati gli agrumi, a partire dal limone, con la sua alta percentuale di acido citrico: è un potente astringente. Ma anche aranci, pompelmi e mandarini hanno funzioni anti-età grazie alla presenza di vitamina C.


Mademoiselle

Come eravamo: la gonna a intoppo o "hobble skirt"

Per questa prima occasione, abbiamo deciso di tornare indietro nel tempo di un secolo. Nel 1914 infatti iniziò a diventare "fuori moda" un singolare capo di abbigliamento che ha da subito attirato la nostra attenzione: la cosiddetta "hobble skirt" o "gonna a intoppo".

Durante il primo decennio del 1900, proprio mentre le donne cominciavano a domandare una maggiore libertà sociale, più diritti civili e una moda più confortevole, entrò in voga uno degli stili più restrittivi che mai si siano visti negli ultimi 200 anni. Stiamo parlando della "hobble skirt", nota all'epoca in Italia come "gonna sirena" o "gonna a intoppo": si trattava di un particolare tipo di gonna, stretta e lunga fino alle caviglie, che si restringeva sempre più in direzione dell'orlo. Piuttosto popolare tra il 1910 e il 1914, la gonna a intoppo era così stretta alle caviglie che la donna che la indossava era costretta a camminare con passi brevi ed estremamente lenti. Non a caso il termine inglese "hobble" significa "zoppicare"...

All'inizio del Novecento molti in Occidente rimasero affascinati dagli stili in uso all'epoca in Asia Orientale e nel Medio Oriente. Lo stilista francese Paul Poiret (1879-1944), creatore di molti design ispirati proprio ai costumi orientali, viene da molti ritenuto colui che introdusse questo singolare capo d'abbigliamento nella moda europea.
Secondo altri invece ad ispirare questa moda sarebbe stata Edith Hart O. Berg, un'americana che nel 1908, a Le Mans, in Francia, assistette ad una delle dimostrazioni di volo che i fratelli Wright stavano organizzando in giro per il mondo. La donna rimase talmente emozionata dalla performance che chiese a Wilbur Wright la possibilità di fare un giro sul nuovo, incredibile apparecchio volante. Così, nel 1908, Edith Hart O. Berg divenne la prima donna americana a volare come passeggero su un aeroplano (il tempo di volo fu di due minuti e sette secondi). Nel salire sull'aeroplano, per evitare che il vento le potesse sollevare la gonna durante il volo, la signora si legò una corda poco sopra le caviglie: e fu proprio vedendola scendere dall'apparecchio e camminare con quel nodo alle caviglie che Paul Poiret avrebbe trovato l'ispirazione per il controverso e singolare trend della "hobble skirt". In realtà, va detto, già dalla fine del XIX secolo aveva avuto inizio un progressivo restringimento delle gonne alla base dell'orlo, che andò aumentando sempre più agli inizi del Novecento.
Edith Berg assieme a Wilbur Wright durante una dimostrazione tenutasi a Le Mans, in Francia, nel 1908.
La corda legata attorno alla base della gonna avrebbe ispirato la cosiddetta "hobble skirt".
Un'altra variante di questo design molto popolare all'epoca fu la cosiddetta "peg skirt" (letteralmente, "gonna piolo"). Come la hobble skirt, questa gonna si restringeva parecchio alle caviglie, ma era più larga nella parte alta, creando una rigonfiatura a pieghe all'altezza dei glutei. Entrambi i modelli costringevano chi li indossava a camminare con piccoli passi, limitandone i movimenti: ossia il modo in cui molti occidentali immaginavano camminare le donne orientali. Ma non è finita qui: le donne che indossavano questa gonna erano spesso costrette a portare, sotto di essa, un altro capo di abbigliamento assai fastidioso, ossia la giarrettiera a intoppo (in inglese, "hobble garter"). Si trattava di un particolare tipo di giarrettiera, più simile ad una fascia o ad una guaina, con la quale venivano avvolte le gambe poco al di sotto delle ginocchia: impediva a chi la indossava di fare accidentalmente passi troppo lunghi che potessero causare strappi nella gonna.

Un modello alternativo di gonna a intoppo del 1910.
Alcune di queste gonne venivano realizzate con un'apertura sulla parte posteriore, allo scopo di facilitare la camminata. Quando ci si sedeva, questa apertura poteva essere chiusa con dei bottoni al fine di mantenere pudicamente coperte le caviglie. La gonna a intoppo, per quanto scomoda, portava ad un modo di camminare che all'epoca veniva considerato da molti aggraziato e adatto al fisico femminile, cosa che contribuì alla sua diffusione.

Per fortuna, la popolarità di questo capo così restrittivo non durò a lungo: il mondo, avviato verso la Prima Guerra Mondiale, era in procinto di cambiare per sempre e, con esso, anche la moda e soprattutto la condizione del genere femminile. Questo capo di abbigliamento era quanto di più inconciliabile con la lotta di tante donne per una maggiore libertà nella loro vita così come nei loro costumi. Già nel dopoguerra, la moda divenne assai meno limitante e, con l'arrivo dei ruggenti anni Venti, la scomodità della "hobble skirt" venne definitivamente spazzata via dalle ampie gonne orlate fino al ginocchio e indossate dalle garçonne danzanti al ritmo di frenetici Charleston.

Donna inglese con un tipico outfit del periodo
edoardiano, ivi inclusa la "hobble skirt".

Una cartolina del 1911 circa, con tanto di battuta sulla
lentezza delle donne con questo tipi di gonna.

Come eravamo

Questa sezione che inauguriamo oggi per la prima volta è intitolata "Come eravamo" e vuole offrire lo spunto per un viaggio nell'evoluzione del costume e della moda in Occidente nel corso degli ultimi secoli.
In questa pagina infatti non vogliamo limitarci a proporre i soliti outfit che siamo abituate a vedere su Facebook, nei siti specializzati o altrove, in giro per il web o sulle riviste che troviamo nelle nostre edicole: abbiamo insomma constatato che sarebbe stato alquanto banale limitarci unicamente a questo.

Allora ci siamo chieste: perché non dare uno sguardo anche agli "outfit" che avremmo potuto trovare negli anni novanta? Oppure a quelli che, da giovani, venivano proposti alle nostre mamme? E perché allora non spingerci ancora più indietro nel tempo, soffermandoci a considerare la moda che era in voga ai tempi delle nostre nonne, bisnonne, trisavole, e così via?

Potrebbe essere un percorso molto interessante, anche perché ci permetterà di riflettere sui cambiamenti avvenuti nel corso del tempo, non solo nella moda, ma anche a livello sociale e culturale, e in special modo l'evoluzione nell'universo femminile, il quale oggi da spesso per scontate cose che solo mezzo secolo fa sarebbero state oggetto di scandalo o derisione.

A volte ci soffermeremo più in generale a descrivere i costumi di un determinato periodo storico, altre volte analizzeremo più nel dettaglio, presi singolarmente, alcuni particolari tipologie di abiti, vestiti e accessori che hanno caratterizzato un momento di vita di chi ci ha preceduto.


Michela