giovedì 31 luglio 2014

Come eravamo: mode, novità e costumi per il 1859

Ci crediamo o non ci crediamo? L'annunzio questa volta ci vien da Parigi: la lunga guerra (non vi spaventate! è una guerra che non influisce sul corso dei fondi), la lunga guerra combattuta dai signori uomini contro le gonne a molle od a cerchi sarebbe prossima a terminare con una capitolazione delle amabili assediate. Oimé! Dopo aver diviso coll'Esposizione di Londra e colla guerra d'Oriente la maggior gloria di questi ultimi sei anni, dopo aver avuto delle vittime e delle martiri,  dopo aver dato il suo nome ad un giornale di Napoli, e le sue tiranniche dimensioni alle porte d'un palazzo reale d'Inghilterra, la crinolina sarebbe lì lì per abdicare, per ritirarsi dagli affari; come ora si dice, e col fondato sospetto d'un mezzo fallimento!! Quale lusinga pei suoi nemici. Quanto ai suoi rari fautori, alle sue innumerevoli adoratrici, un conforto anche per loro! Sia detto col massimo rispetto, venga pure la notizia dal Ministero stesso delle Mode Europee, per ora non ci crediamo! La crinolina è superba; non vedete come è gonfia? Ella si ritirerà, ma lentamente e coll'onor delle armi quando nessuno la insegua; ella abdicherà forse spontaneamente come Diocleziano e Carlo V, ma non fuggirà come una vile pettegola delle Baruffe Chiozzotte, non abdicherà come Foscari per una intimazione del Consiglio dei Dieci!

Del resto abdichi pure la crinolina, la toeletta non ci perderà nulla, ma arricchirà in compenso il proprio regno di mille graziose novità. Guardate il semplice buon gusto che domina ora negli abbigliamenti da mattino! Il corsetto montante, le maniche più spesso spianate come quelle degli uomini: quanto alla gonna la è semplicissima; ma badate che questa semplicità esclude le doppie gonne, non già gli ornamenti; è tagliata all'indietro quasi a coda, s'arrotonda dinnanzi sul collo del piede. Con le gonne di raso si costumano larghi circoli di velluto guarniti di merlettini appoggiati alle quattro cuciture del dinanzi; la cui dimensione sarà al basso giusto il doppio che alla cintura; essi si continuano sul corsetto, ma molto più piccoli, e nel mezzo a ciascuno corre un passamano frammischiato di piccoli grani di conteria. Non si dimentichi che dura anche quest'anno la moda annunciata nello scorso inverno dei corsetti senza falde tagliati colla gonna che è di sbieco nell'alto per nasconderne l'ampiezza. I vestiti di sera sono meno semplici ma altrettanto belli. Ne additeremo uno come capolavoro di leggerezza e di eleganza, formato da sette od otto faldoni di taffettà verde, intersecati da altrettanti faldoni di taffettà grigio perla, sui quali corrono medaglioni di fiori non troppo appariscenti: il corsetto montante con una piccola berta quadrata a due falde, e bottoncini a ghianda acuta. Le maniche per tali veste possono tenersi molto corte e rigonfie, massime presso alla spalla.

Nei cappelli sembrano prender corpo quest'anno le più poetiche fantasie della Moda, che nel nostro secolo è vicina ad usurpar il posto di decima Musa. Domina il rigonfio di "tulle" con intorno grandi striscie di velluto, di forma svariatissima, ma circondate quasi sempre da pizzo nero. Anche il raso è accettato. Un cappello di velluto nero cogli ornamenti di raso rosa e le briglie di raso nero offrirebbe molta eleganza congiunta a sodezza. Ove si desiderasse maggior risalto si dovrebbe ricorrere al raso pensée frammischiato colla felpa bianca.
I capucci per teatro e le brillanti acconciature in ciniglia e gocciole d'oro sono di gran moda. I corsetti de' vestiti da teatro si adornano sovente di bretelle di tulle nero alla jokey coperte da piccole lozanghe di velluto nero, circondato da pizzo nero che s'incrocia da ciascuna parte, e con nastri intrecciati di pizzo ed ondeggianti. Citiamo tra le novità i collari a punta davanti e di dietro, coperti di quadrigliato in velluto bleu e cinti di merletto bianco, su cui casca un piccolo pizzo nero. I fichu sono d'estrema eleganza. Se ne fanno di pizzo bianco, arrotondati a foggia di berta, con tre righe di velluto ponceau, e bleu di China, disposte all'intorno, e terminate da piccoli nodi: si orlano di merletto bianco ricoperto a metà da un altro merletto nero che lo arricchisce e gli dà quell'impronta ricca insieme e leggera che è lo scike della moda.

Nastri di velluto scozzese ricamati d'oro e d'argento, frangie di ciniglia per corsetti, abiti e mantelli sono assai ricercati dal mondo elegante. Un'utile innovazione sono i guanti Josephine nei quali un piccolo e commodo uncinetto è sostituito al bottoncino d'infedele memoria. Le cinture russe a fascie d'oro e una ricca acconciatura a piastre e catenelle d'oro guarnite di granellini di cui può ornarsi anche il corsetto, sono all'ordine del giorno per le gran dame, come ornamenti che uniscono alla ricchezza e al buon gusto una tal qual bizzarria. Ecco un bollettino che segna un trionfo. Anche i nostri detrattori saranno costretti a confessare che la moda, senza decampare dall'usata eleganza, tende a diventar ragionevole e quasi artistica. Scommettiamo che neppure i pronipoti rideranno delle foggie d'abiti de' ritratti fatti quest'anno, e questo è un successo che si deve al sottile ingegno delle modiste. Sopratutto sono da lodarsi di essersi emancipate dalla tirannia dei colori: non più di questa o quella tinta preferenza d'ogni altra; ma l'armonia, il bell'effetto in qualunque maniera lo si ottenga.

E passando ad altre novità saprete gentili signore, che all'anno venturo correte rischio di trovare dalla vostra portinaia una completa galleria di ritratti? Si tratta di unire al biglietto di visita, il ritratto in fotografia della persona che vi è inscritta, tanto il secolo inclina alla vanità ed alle apparenze. Diremo anche noi come Sterne diceva dei baci che si costumavan dare in Inghilterra alle signore: i buoni compensavano i cattivi; ma qualche indiscreto indovino invidia fin d'ora la sorte d'alcuno di quei biglietti.

SPIEGAZIONE DEL FIGURINO
Abbigliamenti da ballo - Vestito di "tulle" a quattro gonnelle doppie; la prima trattenuta da cadaun lato da un mazzo di rose. Corsetto scollato a due punte. Corona di rose ne' capelli.
Vestito di taffettà a righe traversali, a due gonnelle, la prima adorna di nastri di taffettà arricciato. "Burnous" di "cachemire". Ghirlanda di margherite sulla pettinatura.

Oggetti vari di toletta - Cuffie, sottomaniche, camicini, fichu. Giubbettino da signora pel mattino. Bavera di raso ovattato per la sera. Vesticciuola e capottina da bambino.


Tratto dal "Corriere delle Dame" dell'11 gennaio 1859.


Mademoiselle

Abiti e figurini d'ogni tempo

SPIEGAZIONE DEL FIGURINO
Abbigliamento da visita - Vestito di raso color violetto, a due gonnelle adorne di lozanghe di velluto, con isfilati di ciniglia all'orlo della gonnella superiore; corsetto a falda lunga e appuntita di dietro, orlata pure di sfilati sormontati da lozanghe di velluto; maniche a crepacci adorne di velluto, chiuse al polso sotto un manichino di pizzo. Collare di pizzo. Cappello di velluto color botton d'oro, adorno d'un uccelletto del paradiso e d'una corona di rosa di velluto giallo con lustrini nel centro. Guanti color rancio. Stivaletti di raso color violetto.
Abbigliamento per ricevere visite - Vestito di popeline di Lione, color verde scuro, adorno d'una grembialina di passamanteria nera e di ghiandoline miste di lustrino, oltre a sbiechi di velluto nero ricamato in seta verde. Questi sbiechi adorni di uno sfilato formano la berta del corsetto. Maniche larghe adorne di sbiechi di velluto egualmente ricamati. Collare e maniche ricamate ad imitazione di pizzo. Acconciatura adorna d'una treccia di velluto verde e di striscie di pizzo. Guanti color paglia. Stivaletti di raso color grigio ferro.

Tratto dal Corriere delle Dame del 4 gennaio 1859


Mademoiselle

mercoledì 28 maggio 2014

Come eravamo: il tailleur a pantalone degli anni '60

Dopo aver analizzato la singolare "hobble skirt" della Belle Époque e aver proposto un simpatico outfit dei primi dell'Ottocento, oggi abbiamo deciso di lanciare uno sguardo a "come eravamo" in un'epoca assai più vicina alla nostra, ossia gli straordinari anni Sessanta, durante i quali la moda produsse innovazioni che oggi sono diventate ormai parte del nostro vivere quotidiano. Conosciamo tutte il caso della rivoluzionaria minigonna di Mary Quant, divenuta un simbolo delle trasformazioni sociali e politiche che quel decennio seppe produrre. Oggi però non parleremo di abiti o minigonne, ma bensì di pantaloni.

In Occidente, sino alla fine degli anni Cinquanta, la maggior parte delle donne indossava i pantaloni solamente nello svolgere alcune attività occasionali, come il giardinaggio e la cura della casa, andare al mare oppure per praticare degli sport. Per il resto, sia che si trattasse del luogo di lavoro, di un'occasione formale, della scuola o di un'uscita in famiglia, ci si aspettava che la donna in pubblico indossasse esclusivamente gonne o abiti lunghi, il cui orlo raramente osava andare poco al di sopra delle ginocchia. Quando poi, nel corso degli anni Sessanta, l'ondata del femminismo si diffuse in tutto l'Occidente e le donne iniziarono ad aumentare la loro presenza nel mondo del lavoro, il concetto che donna e gonna fossero sinonimi indissolubili iniziò finalmente a vacillare e ad essere percepito come anacronistico.


Pagina tratta da una rivista del 1965 nella quale vengono proposti
vari modelli di tailleur a pantalone (vedi nelle foto a seguire).
Le parole che introducono la didascalia riassumono da sole l'intero
concetto di novità: "The pantsuit is what's NOW, and what's coming".
Alcuni stilisti, come ad esempio il francese Yves Saint Laurent, risposero a questo desiderio di maggiore libertà creando il tailleur pantalone: un vestito, disegnato e concepito specificamente per le donne, composto per l'appunto da giacca e pantaloni. Entro la metà degli anni Sessanta, quasi tutte le principali case di moda producevano e commercializzavano pantaloni che le donne potevano indossare in qualsiasi ambito della loro vita sociale permettendo, specialmente sul luogo di lavoro, una mobilità e una flessibilità che mai sarebbero state possibili con indosso un abito o una gonna.
Alcuni di questi tailleur non erano altro che versioni femminili dei tradizionali modelli per uomo. Presentavano colori solidi, dal nero al blu al marrone, oppure in plaid o in tweed. Altri erano più tradizionalmente femminili, in colori pastello o addirittura in pizzo bianco su tessuto rosa. Le giacche venivano di svariata lunghezza ed erano a singolo o a doppiopetto. La maggior parte di questi pantaloni erano stretti, svasati oppure a forma conica. Per la loro realizzazione veniva usata una vasta gamma di materiali, come lana, pelle scamosciata, saia, velluto, seta, cotone o poliestere. A differenza dei loro colleghi uomini, le donne accessoriarono questi tailleur con sciarpe, collane, spille, guanti, curando anche l'abbinamento con borse e scarpe.

Al solito, in un mondo ancora fortemente maschilista e conservatore, non fu sempre facile per le donne essere accettate nei luoghi pubblici con questo tipo di outfit: soprattutto le giovani donne furono spesso oggetto di critica e disapprovazione, non solo da parte dell'establishment maschile, ma anche dalle loro colleghe più anziane. Nemmeno al di fuori della sfera lavorativa il cambiamento fu facile: molti dei ristoranti più esclusivi, ad esempio, si rifiutarono di ospitare donne vestite anche con i più esclusivi e raffinati modelli di pantalone. Ci volle del tempo prima che i codici di abbigliamento, sia sul posto di lavoro che nei locali pubblici, si adeguassero a questa nuova e fondamentale libertà che le donne erano riuscite finalmente a conquistare. In altri contesti, invece, il regolamento fu duro a morire: negli Stati Uniti ad esempio solo negli anni Novanta fu finalmente concesso alle donne di indossare pantaloni durante le sedute del Congresso.


Le donne che indossavano completi a pantalone, come questa ritratta in una foto dell'epoca, si videro a volte precluse
dall'ingresso in quei ristoranti che resistevano al movimento femminista degli anni sessanta
e che consideravano la donna in pantalone come troppo mascolina.


lunedì 26 maggio 2014

La dieta anti-buio

Esistono alimenti in grado di rendere la pelle più luminosa? Sì, come sostengono i nutrizionisti del Relilax, lo spazio beauty dell'Hotel Terme di Miramonti a Montegrotto. La carota e la zucca, per esempio, entrambe ricche di vitamina A. La prima ha proprietà eutrofiche e fa venire in generale una pelle più liscia. La zucca, invece, ricca anche di potassio, ha una azione regolatrice del metabolismo cutaneo. E non vanno dimenticati gli agrumi, a partire dal limone, con la sua alta percentuale di acido citrico: è un potente astringente. Ma anche aranci, pompelmi e mandarini hanno funzioni anti-età grazie alla presenza di vitamina C.


Mademoiselle

Come eravamo: la gonna a intoppo o "hobble skirt"

Per questa prima occasione, abbiamo deciso di tornare indietro nel tempo di un secolo. Nel 1914 infatti iniziò a diventare "fuori moda" un singolare capo di abbigliamento che ha da subito attirato la nostra attenzione: la cosiddetta "hobble skirt" o "gonna a intoppo".

Durante il primo decennio del 1900, proprio mentre le donne cominciavano a domandare una maggiore libertà sociale, più diritti civili e una moda più confortevole, entrò in voga uno degli stili più restrittivi che mai si siano visti negli ultimi 200 anni. Stiamo parlando della "hobble skirt", nota all'epoca in Italia come "gonna sirena" o "gonna a intoppo": si trattava di un particolare tipo di gonna, stretta e lunga fino alle caviglie, che si restringeva sempre più in direzione dell'orlo. Piuttosto popolare tra il 1910 e il 1914, la gonna a intoppo era così stretta alle caviglie che la donna che la indossava era costretta a camminare con passi brevi ed estremamente lenti. Non a caso il termine inglese "hobble" significa "zoppicare"...

All'inizio del Novecento molti in Occidente rimasero affascinati dagli stili in uso all'epoca in Asia Orientale e nel Medio Oriente. Lo stilista francese Paul Poiret (1879-1944), creatore di molti design ispirati proprio ai costumi orientali, viene da molti ritenuto colui che introdusse questo singolare capo d'abbigliamento nella moda europea.
Secondo altri invece ad ispirare questa moda sarebbe stata Edith Hart O. Berg, un'americana che nel 1908, a Le Mans, in Francia, assistette ad una delle dimostrazioni di volo che i fratelli Wright stavano organizzando in giro per il mondo. La donna rimase talmente emozionata dalla performance che chiese a Wilbur Wright la possibilità di fare un giro sul nuovo, incredibile apparecchio volante. Così, nel 1908, Edith Hart O. Berg divenne la prima donna americana a volare come passeggero su un aeroplano (il tempo di volo fu di due minuti e sette secondi). Nel salire sull'aeroplano, per evitare che il vento le potesse sollevare la gonna durante il volo, la signora si legò una corda poco sopra le caviglie: e fu proprio vedendola scendere dall'apparecchio e camminare con quel nodo alle caviglie che Paul Poiret avrebbe trovato l'ispirazione per il controverso e singolare trend della "hobble skirt". In realtà, va detto, già dalla fine del XIX secolo aveva avuto inizio un progressivo restringimento delle gonne alla base dell'orlo, che andò aumentando sempre più agli inizi del Novecento.
Edith Berg assieme a Wilbur Wright durante una dimostrazione tenutasi a Le Mans, in Francia, nel 1908.
La corda legata attorno alla base della gonna avrebbe ispirato la cosiddetta "hobble skirt".
Un'altra variante di questo design molto popolare all'epoca fu la cosiddetta "peg skirt" (letteralmente, "gonna piolo"). Come la hobble skirt, questa gonna si restringeva parecchio alle caviglie, ma era più larga nella parte alta, creando una rigonfiatura a pieghe all'altezza dei glutei. Entrambi i modelli costringevano chi li indossava a camminare con piccoli passi, limitandone i movimenti: ossia il modo in cui molti occidentali immaginavano camminare le donne orientali. Ma non è finita qui: le donne che indossavano questa gonna erano spesso costrette a portare, sotto di essa, un altro capo di abbigliamento assai fastidioso, ossia la giarrettiera a intoppo (in inglese, "hobble garter"). Si trattava di un particolare tipo di giarrettiera, più simile ad una fascia o ad una guaina, con la quale venivano avvolte le gambe poco al di sotto delle ginocchia: impediva a chi la indossava di fare accidentalmente passi troppo lunghi che potessero causare strappi nella gonna.

Un modello alternativo di gonna a intoppo del 1910.
Alcune di queste gonne venivano realizzate con un'apertura sulla parte posteriore, allo scopo di facilitare la camminata. Quando ci si sedeva, questa apertura poteva essere chiusa con dei bottoni al fine di mantenere pudicamente coperte le caviglie. La gonna a intoppo, per quanto scomoda, portava ad un modo di camminare che all'epoca veniva considerato da molti aggraziato e adatto al fisico femminile, cosa che contribuì alla sua diffusione.

Per fortuna, la popolarità di questo capo così restrittivo non durò a lungo: il mondo, avviato verso la Prima Guerra Mondiale, era in procinto di cambiare per sempre e, con esso, anche la moda e soprattutto la condizione del genere femminile. Questo capo di abbigliamento era quanto di più inconciliabile con la lotta di tante donne per una maggiore libertà nella loro vita così come nei loro costumi. Già nel dopoguerra, la moda divenne assai meno limitante e, con l'arrivo dei ruggenti anni Venti, la scomodità della "hobble skirt" venne definitivamente spazzata via dalle ampie gonne orlate fino al ginocchio e indossate dalle garçonne danzanti al ritmo di frenetici Charleston.

Donna inglese con un tipico outfit del periodo
edoardiano, ivi inclusa la "hobble skirt".

Una cartolina del 1911 circa, con tanto di battuta sulla
lentezza delle donne con questo tipi di gonna.

Come eravamo

Questa sezione che inauguriamo oggi per la prima volta è intitolata "Come eravamo" e vuole offrire lo spunto per un viaggio nell'evoluzione del costume e della moda in Occidente nel corso degli ultimi secoli.
In questa pagina infatti non vogliamo limitarci a proporre i soliti outfit che siamo abituate a vedere su Facebook, nei siti specializzati o altrove, in giro per il web o sulle riviste che troviamo nelle nostre edicole: abbiamo insomma constatato che sarebbe stato alquanto banale limitarci unicamente a questo.

Allora ci siamo chieste: perché non dare uno sguardo anche agli "outfit" che avremmo potuto trovare negli anni novanta? Oppure a quelli che, da giovani, venivano proposti alle nostre mamme? E perché allora non spingerci ancora più indietro nel tempo, soffermandoci a considerare la moda che era in voga ai tempi delle nostre nonne, bisnonne, trisavole, e così via?

Potrebbe essere un percorso molto interessante, anche perché ci permetterà di riflettere sui cambiamenti avvenuti nel corso del tempo, non solo nella moda, ma anche a livello sociale e culturale, e in special modo l'evoluzione nell'universo femminile, il quale oggi da spesso per scontate cose che solo mezzo secolo fa sarebbero state oggetto di scandalo o derisione.

A volte ci soffermeremo più in generale a descrivere i costumi di un determinato periodo storico, altre volte analizzeremo più nel dettaglio, presi singolarmente, alcuni particolari tipologie di abiti, vestiti e accessori che hanno caratterizzato un momento di vita di chi ci ha preceduto.


Michela

domenica 13 aprile 2014

Il naso

Le forme del naso
La forma del naso è determinata dalla sua armatura ossea, e dalla cartilagine nasale. Il dorso nasale deve essere sottile, e allungato, non importa poi se arcuato o diritto, purché non ecceda la normalità.
Più il naso sarà diritto, con le narici affilate, e più sara bello. Il setto nasale dovrà essere non troppo basso delle ali, e possibilmente orizzontale. La punta del naso assume forme svariatissime, a seconda della maggior o minore carnosità e a seconda della distanza delle ali del naso. Sono brutti i nasi a pallottola, con le narici dilatate, e i nasi deviati. In generale, non dovrebbe notarsi un distacco fra la parte superiore del naso e l'inferiore, e l'una dovrebbe continuare l'altra sulla stessa linea. Tuttavia esistono esempi di linee lievemente spezzate e pure simpatiche e graziose, sebbene non propriamente classiche. La forma del naso si può perfettamente correggere con operazioni di chirurgia estetica, o con l'applicazione di apparecchi speciali ora messi in commercio.

Il naso e l'età
L'ala del naso è un indice per l'età della donna. Talvolta infatti sciupa la bellezza e l'armonia di un volto. O è rossa, o è lucida, o perde la purezza proprio su quella parte che va a ricongiungersi alla guancia. Guardiamo l'ala del naso dei bambini: è liscia, unita, senza lucidezza, senza vene visibili, senza punti neri. Per mantenere il naso giovane, non c'è altro da fare se non prevenire. Molte donne curano il viso, fanno dei massaggi, ma trascurano questo pezzetto di naso che pure ha tanta importanza. Bisogna dunque passarci della crema (grassa se la pelle è secca, il che sul naso avviene ben difficilmente, assorbente se la pelle è grassa), frizionando bene ed in modo che si riunisca al resto del viso; insistere sulla congiuntura, tirare il viso verso la parte opposta per poterla ben distendere. Quello che conta soprattutto è cercare che il naso non dimostri una diversa età di quella dimostrata dalle guance.

Il naso rosso
Poche donne sospettano che una cattiva crema o una cattiva cipria possano provocare il temuto rossore del naso anche in estate. Anche il freddo ai piedi può cagionare il rossore del naso. Un brufolo esterno o interno può cagionare lo stesso effetto. Contro il naso rosso sono consigliabili anche rimedi casalinghi: acqua di bulbi di gigli, acqua di malva, di papavero, tintura di benzoino, aceto aromatico (un cucchiaio in un litro d'acqua).

Punti neri sul naso
Molte donne schiacciano fra le unghie questi antiestetici punti neri, ma dimenticano di disinfettarsi prima le mani, sicché possono prodursi delle noiose infezioni. La cosa migliore da fare è quella di adoperare uno strumento apposito, che si trova in commercio e si chiama schiacciaccomedoni, tuffato nell'alcol prima di usarlo. Al posto del comedone resterà un forellino spesso profondo. Lo si lavi subito con acqua e un sapone disinfettante, poi si passi sulla parte un poco di acqua di colonia o di acqua ossigenata.

I peli nel naso
Guardatevi dallo strapparli: potreste procurarvi un ascesso. Non adoperate neppure i comuni depilatori, poiché le mucose che tappezzano le pareti interne del naso sono delicatissime. Che rimane da fare? Introdurre nel naso dei batuffoli imbevuti di acqua ossigenata a 12 volumi: sotto la sua azione i peli imbiondiscono e si disseccano a poco a poco, fino a cascare a pezzetti.

Il naso lucido
Nei casi normali, il trucco del naso consiste semplicemente nell'introdurre e stendere col dito mignolo nelle narici un poco di rosso, pochissimo, all'estremo. Beninteso sotto le narici si fa altrettanto. Non bisogna però tingere l'interno delle narici se queste sono larghe, altrimenti lo sembreranno ancora di più. Si corregge con un poco di cipria e si asciuga. Il trucco può però anche essere correttivo dei difetti del naso.

Naso lungo: mettere una ombreggiatura leggera attorno alla base.
Naso corto: allungarlo con una piccola macchia vivace sotto la punta.
Naso piccolo: se siete bionde, adoperate per il viso una cipria bianca. Tingere di rosso le ali del naso, presso le guance. Se siete brune, adoperate per il viso cipria rosa e per il naso una miscela di tre parti di cipria bianca e una cipria rosa.
Naso grosso: fare il contrario, utilizzando sempre cipria salmone per le bionde e cipria rosa per le brune, come abbiamo indicato sopra. Caricare la tinta del naso andando dalla radice verso la punta.
Naso gobbo: se il naso è aquilino, mettere del rosso sulla punta e sotto il setto nasale, fra le due narici.
Naso schiacciato: fare il contrario, ossia accentuare con un poco di rosso l'insellatura e per il resto regolarsi come per il naso piccolino.


Betta

giovedì 10 aprile 2014

I bambini

I bambini sono tutta la nostra vita. Appena una donna ha coscienza di sé, un desiderio prima solo intuito, poi sempre più chiaro e preciso è in lei: un bambino.
Molti credono, un momento, che il suo più grande desiderio sia diventare attrice, velina, modella, cantante, ballerina, psicologa, maestra, o di possedere l'ultima bellissima borsa della Liu Jo; ma questi sono desideri accessori, secondari. Lasciatela sola con se stessa, fate che si guardi sinceramente nell'anima, che parli senza neppure il minimo impalpabile velo di menzogna, ed essa dirà: un bambino. Molti pensano, un momento: "Ecco una donna felice".
E' giovane, è ricca, la fortuna è dalla sua parte. Ha ciò che desidera, ciò che vuole, il possibile, e qualche volta, l'impossibile. La sua felicità esiste, sì, non la neghiamo, ma è qualche cosa che non ha basi, una cosa fuori di lei, staccata da lei: perché non ha un bambino.
Non le credete quando dice: "No". Non le credete quando sembra che non le importi, quando persino essa stessa crede di non desiderarlo. Non le credete quando vi dice che ha paura delle responsabilità che le verrebbero. Non ne ha paura. Sa troppo bene, sente troppo bene, che un bambino vale qualunque responsabilità, qualunque sacrificio. E ne abbiamo la prova quando ha un bambino; quando leggiamo nei suoi occhi l'irrevocabile sicurezza di essere d'accordo con la vita, di aver obbedito alla vita; quando comprendiamo che tutta la sua vita è non lei, ma il bambino.
Anna ama i bambini, come tutte le donne. Un giorno, e fra non molto, anch'essa avrà dei bambini. E solo allora, mi ha detto, sarà veramente felice. E in quel veramente, c'è tutta la sincerità profonda della donna che rivela il sentimento essenziale della sua anima.


Simonetta

venerdì 7 marzo 2014

Dedicato alle impiegate

Impiegate.
Siete voi che affollate le metropolitane alle sette della mattina, a mezzogiorno, alle sette di sera. Siete voi che popolate le trattorie a prezzo fisso, e i cinema il sabato sera. La vostra vita non è delle più comode, siamo d'accordo. Le mattine d'inverno è fastidioso il risveglio: ed è insolubile il problema di comprare con venti euro un berrettino che è bellissimo, ma che ne costa quaranta. Ho letto qualche volta nei vostri occhi la mestizia di chi compie un faticoso dovere, un pesante compito che non è il suo. Forse avete ragione. Ma voi non rimarrete sempre impiegate. Presto, più presto di quello che crediate, sarete spose, poi mamme. E starete così al vostro focolare, che sarà la casa di vostro marito e dei vostri figli.
Ma intanto, sapete superare serenamente questo breve, e combattivo periodo di lavoro?

Il problema del lavoro...
E' vero che molte volte il vostro lavoro non è divertente. Copiare, scrivere al computer, riempire colonne di cifre, non è certamente uno svago. Sarebbe molto meglio fare una gita,  leggere un buon libro. Ma nella vita, non è ciò che si vorrebbe fare che conta, ma ciò che si deve fare. Tutti, diciamo tutti, hanno un dovere da compiere, e lo compiono, sacrificando ad esso i propri piccoli o grandi desideri. Quindi, sappiate compierlo anche voi, e con buona volontà. Perché questo è il grande segreto. Il lavoro più arido diverrà per voi facile e piacevole, se lo farete con la buona volontà di farlo bene, di farlo con cura, di metterci un po' di voi stesse. Non dite che non si può mettere nulla di noi stesse in un registro di noiosissimi conti. Questo registro sarà sempre più noioso, finché voi lo riempirete sbuffando ad ogni cifra. Non lo sarà più, quando, invece, sarà il "vostro" registro, il registro affidato a voi, e sta a voi dimostrare che è stato affidato bene. Il problema del lavoro lo risolverete solo in questo modo poiché esso non è che un problema di buona volontà.

Il problema dell'eleganza...
Volete essere eleganti, ma il vostro stipendio crea un muro quasi insuperabile tra voi e l'eleganza. Tra i soldi che avete in tasca e lo splendido abito firmato, c'è troppa distanza: una distanza insuperabile. Benissimo, ma il problema dell'eleganza non è principalmente nel denaro, ma, soprattutto, nel buon gusto. Siete certe che con la stessa cifra che avete speso per acquistare l'abito che indossate, non avreste potuto farvi un abito migliore, un abito di maggior gusto, un abito più pratico? E' inutile che cerchiate di imitare con i vostri mezzi limitati, dei modelli che devono costare moltissimo per essere perfetti. Scegliete un abito semplice, un abito che si adatti a voi, più che essere alla moda, e che possa essere realizzato bene anche con tessuti non eccezionali, e sarete comunque alla moda, sempre, eleganti e femminili, ma solo se avrete buon gusto. Anche con i vostri mezzi.

Il problema dello svago...
La sera, quando uscite dall'ufficio, siete stanche: e anche potendo, molte volte preferite rimanere in casa e andare a letto presto. Dal sabato pomeriggio alla domenica sera, il passo è breve, che vi sembra di non poter combinare nulla di veramente divertente. E poi, anche qui, s'affaccia il problema del denaro, e troppe cose vi sono proibite dal dovere di fare economia.
E' vero, ma anche qui sta a voi dominare i vostri desideri, imparare a svagarvi anche delle cose che non costano nulla, o pochissimo. Un'amica, un libro, un lavoro a maglia divertente, possono divertirvi molto di più del solito cinema, al quale andate anche quando sapete che il film non vi piacerà, così, per abitudine. E. appena potete, fate una bella ira fuori città. Per quanto breve il tempo da sabato a domenica sera, è sufficiente a ricrearvi il fisico e lo spirito. Avete vissuto sei giorni rinchiuse in un ufficio. Avete vissuto sei giorni sedute ad una scrivania: avete bisogno di aria, di movimento. Non importa se fa freddo, non importa se non c'è il sole. Partite. Ritornerete la domenica sere completamente ritemprate. Tutto ciò vi può sembrare bello, ma difficile da realizzare. Ed è qui il vostro torto. La felicità è quasi sempre a portata di mano, e dipende quasi sempre da noi stesse. Siamo noi che non la vediamo, e l'andiamo a cercare dove non c'è.


Simonetta

domenica 2 marzo 2014

Elogio degli abiti semplici

Conosco una donna che ha trenta e più abiti, che continuamente si rinnovano. Fra questi trenta abiti ce n'è uno modestissimo, a due pezzi. E' il più vecchio, ed è anche il meno fresco. Per una ragione semplicissima: lo indossa quasi continuamente. Fra tanti abiti, eleganti e alla moda, quello, è ancora il più elegante e alla moda. Non ha nulla di particolare: né la foggia, che è lineare; né il colore: un grigio scuro. Eppure l'unico abito col quale la donna si sente elegante, è proprio quello.
Conosco una commessa. Essa non ha che due abiti, veramente portabili. Un abito a giacca di un marrone scurissimo, e un insieme da passeggio, molto originale, per una lunga piega che attraversa diagonalmente il petto. E' questo uno di quei modelli, presi da una grande rivista di moda, e fatto realizzare da una sarta amica "che lavora bene e vuole poco". E' un abito elegante, non c'è che dire, e sta molto bene alla commessa. Le sta tanto bene che essa lo porta sempre, lo porta tanto da avergli fatto perdere rapidamente la sua freschezza. E invece, l'abito a giacca, semplicissimo, è quasi nuovo. Inutile dire, quindi, che l'abito originale, perduta la sua freschezza, non è più veramente elegante.
Invertiamo la situazione. Ammettiamo che la commessa divenga padrona del guardaroba della signora; e che questa fosse costretta, invece, a scegliere solo tra i due abiti della commessa.
Accadrebbe che la signora indosserebbe con grande piacere l'abito a giaccia che la commessa sdegnava perché troppo semplice; e che la commessa, libera finalmente di scegliere fra trenta abiti, tutti ne indosserebbe, escluso quel modestissimo due-pezzi che tanto piaceva alla signora.
Tra la vera eleganza e la semplicità c'è una stretta alleanza: la signora comprendeva questa alleanza. La commessa no. La comprendete voi? Fate un esame di coscienza.


Susanna