domenica 18 novembre 2012

La ragazza di pietra

"Vuoi farmi un piacere?
Questo mio amico, Stefano, direttore d'una industria d'acciaio, è continuamente e diabolicamente indaffarato. Clienti, officine, operai, tratte, sconti, forniture. E milioni: tanti milioni.
Vuoi farmi questo piacere?"

"Sentiamo".
"Tieni questi biglietti da cinquanta. Non spalancare gli occhi. So quello che pensi in questo momento: Ah, se fossero i miei! E invece non sono tuoi. Beh, corri in banca. Fammi un assegno circolare da cinquecento, intestato a questo nome. Mettilo in questa bura e spedisci per assicurata. Hai ben capito? Ho una fretta spaventosa: un ordine improvviso: fra dieci minuti devo partire per Bologna. E fatti vedere, una di queste sere, a casa mia. Ricordatene. E mi raccomando l'assegno e l'assicurata. Ciao. Arrivederci".
Rimise in moto la macchina e scomparve.

Piazza Castello era ovattata di nebbia. Le undici del mattino. Una giornata tediosa. Gianni non sapeva dove andare. E lo infastidiva tutta questa gente che gli passava vicino, che lo urtava, che correva, si affannava. In galleria pochissima gente. Soliti gruppetti d'artisti; qualche parola scritta e riscritta sui muri; soliti ragazzini a spasso e non a scuola.
L'aria era grigia e sporca. Ma nel grande bar dove Gianni entrò, l'atmosfera era diversa. C'erano i paralumi d'un color rosa confetto, le poltrone invitanti, un silenzio piacevole, ch3e offriva conforto e raccoglimento.
"Un campari".
Dal suo postici d'angolo, Gianni vedeva un pezzo dell'ottagono della galleria. Una libreria sbandierava le ultime novità editoriali. Un'agenzia di viaggi decantava le vacanze più belle. Dieci giorni a Zanzibar. Una settimana a Vienna. Maggio a Malindi...
Improvvisamente una giovane donna fece il suo ingresso, lasciando dietro di sé una scia di buon profumo; sedette al tavolino accanto al suo. Una tipa interessante, una tipa... deliziosa: ecco l'aggettivo esatto. Aveva una giacca lunga grigioperla, fliente, come s'usavano all'epoca; un cappellino strano, molto piatto, che assomigliava...
Gianni rinunciò al paragone: ad ogni modo, le stava molto bene. Il viso era davvero d'un ovale perfetto; gli occhi vellulati, come quelli d'una gazzella: benché in vita sua non avesse mai visto una gazzella.
La guardò attentamente. Nulla. Sembrava non essersi accorta della sua modesta presenza. Aveva preso dalla borsa un magnifico astuccio e si era accesa una sigaretta fatta a mano. : lo ammalinconiva, ecco. Pensava che nella sua breve o lunga vita non avrebbe mai avuto una donna simile. Ed era davvero disgustato dalle avventurette con donne insignificanti. Desiderava avere una bellissima donna al suo fianco; una donna che indossasse un magnifico abito all'ultima moda; scarpe bellissime; un cappellino grazioso. Una donna, insomma, profumata, vivace, istruita. E invece, nulla. Per consolarsi, Gianni guardava allora la donna elegenatissima che prendeva il suo caffè con mosse da regina di corte. Che donna. Aveva le mani bianchissime, soffici; le unghie scarlatte, certe labbra e certi denti bianco splendenti...
Gianni tossicchiò. Si curvò un po' verso di lei, tentando anche un sorrisetto. Nulla. Poi lo onorò d'uno sguardo indifferente, gelido, che li disarmò. Gianni siguardava istintivamente nello specchio che aveva di fronte. Era palliduccio anzichenò; la sua cravatta non era più nuova, era evidente; il suo abito non era proprio all'ultimo grido; e la sciarpa che l'avvolgeva negligentemente il collo, per esempio, era un po' sbiadita. Tutti questi particolari li notava soltanto ora, in quell'ambiente di lusso. Naturalmente.
"Cameriere".

Un'idea bislacca. Voleva pagare con uno di quei bigliettoni da cinquanta del suo amico Roberto. Dieci biglietti da cinquanta. Una piccola ricchezza. Sfogliò negligentemente il mazzetto, ne prese uno con suprema noncuranza e lo gettò teatralmente sul tavolino. Il cameriere s'inchinò: potenza odiosa del danaro.
Oh, oh! Anche la bellissima donna, se ne accorse immediatamente, aveva lanciato uno sguardo dalla sua parte; prima con noncuranza, poi con estrema attenzione. Il suo viso s'era come raddolcito; un impercettibile sorriso aveva stirato le sue labbra purpuree. Lo guardava con amabilità, ora. Gianni ne approfittò. Arrischiò una frase, sciocca purtroppo: ma in quel momento non ne aveva altre a sua disposizione.
"Fuori c'è un'aria davvero gelida".
"Sì. E questa nebbia, poi, che immerge la città in uno smisurato bicchiere di latte, è odiosa".
Parlava bene. Bellissima la similitudine del bicchiere di latte. L'accento tuttavia tradiva le sue origini: non appariva italiana. Forse dell'est... anzi, nordica. Ma questo non aveva importanza: quella voce era deliziosa, da contralto; denti madreprlacei e labbra sensuali.
"Permettete?"
Quando una persona ha fogli da cinquanta in tasca può permettersi qualsiasi atto, anche se condannato severamente dalle rigide regole della galanteria. Si sedette vicino a lei. La fissò lentamente negli occhi.
"Il sole..." mormorò, "verso mezzogiorno è come un bimbo malato. Guardate lassù gli effetti di luce".
"Certamente".
Uscirono. Era alta e camminava ondulando sulle anche nervose. Sguardi astiosi delle donne; di ammirazione dei giovincelli. Crepate tutti, pensò. Comminarono. Vie del centro. Si chiamava Elina e viveva a Torino da un paio di mesi, sola, in un appartamento in un quartiere elegante. Parlava con estrema grazia.
"Torino è una bellissima città. Peccato che il clima d'oggigiorno..."
"Ma la sera," disse subito Gianni, "la sera ci sono i locali scintillanhti di luce. E la Mole Antoneliana a vegliare sulla città."
Gianni arrischiò poi una domanda che lo premeva sulle labbra:
"E se vi chiedessi di rivedervi ancora, domani sera, per esempio? Alle nove, all'ingresso della galleria".
Elina rise, minacciandolo scherzosamente col dito.
"Provate a chiedermelo. Chissà?"

L'indomani sera, alle nove, all'ingresso della galleria, Gianni quasi non ci credette: Elinia arrivò, ancora più bella ed elegante, con quei lunghi capelli mossi di un biondo splendente.
"Puntuale?"
"Puntualissima. E sono felice. Tutt'oggi è stato un tormento per me. La vostra deliziosa immagine m'ha perseguitato come un creditore, come un ufficiale giudiziario".
La similitudine, come a tutti quelkli che non avevano mai avuto a che fare con un ufficiale giudiziario, la fece ridere di cuore.
"Dove si va'" chiese, guarandosi attorno.
Poche storie: aveva in tasca solamente un miserabile pezzo da cinquanta. Quella mattina, dopo il piacevole incontro al bar, era dovuto andare in banca per rispettare il favore che aveva promesso al suo amico Roberto. Ora, quella sera, Gianni non poteva più sfogare una presunta ricchezza. Aveva attinto da parte dei suoi risparmi, ma non poteva fare di più. La prospettiva di un nuovo lavoro era ancora troppo lontana.
Quella sera avrebbe dovuto improvvisare, in qualche modo. Cercò di attrarre la bionda Elina in un locale modesto.
"Se andassimo", disse con un vocino da telefono, "se andassimo al cinema? C'è questo nuovo film..."
"No", rispose decisa. "Ci sono state di recente, nessun film che ne valesse la pena. Quindi neanche per sogno. Andiamo invece al Teatro Regio, c'è una bellissima opera. Andiamo?"
E sia! Andiamo, per tutti gli dèi. Al Teatro Regio! pensò Gianni assecondando i desideri della giovane donna. Poi però si mise a riflettere: Oddio. Non c'era mai stato. Che prezzi vi praticavano? E poi: quali posti? Ma inarrestabile Elina lo tolse da ogni incertezza.
"Prendiamo due poltrone tra le prime fila. Voglio vedere da vicino gli abiti di scena".
"Due poltrone tra le prima fila, se possibile", chiese con un soffio di voce al bigliettario chje troneggiava dentro alla sua postazione, sicuro e inesorabile. "Quanto?"
"Due poltrone? Vicine? Bene. Siete fortunati, abbiamo ancora la terza fila. Numeri 8 e 9. Sessantacinque e venti, a testa".
"Eh?"

Quella sera Gianni ed Elina non entrarono mai al Teatro Regio, poiché egli aveva in tasca soltanto uno stramaledetto pezzo da cinquanta. Cercò in ogni modo di trascinarsi fuori da quella situazione nella maniera meno umiliante possibile, ringraziando il bigliettario e allontanandosi senza fornire spiegazioni dirette, quasi trascinando con sé Elina, che nel frattempo lo guardava con aria imperiosa. Si ritrovarono in un angolo deserto della piazzetta, e a Gianni sembrà che anche la Mole lo guardasse con infinita commiserazione. Anche Elina continuava a guardarlo con fare meravigliato, in attesa impaziente di una sua spiegazione. Lui le parlò con calma, con un filo di vera tristezza nella voce.
"Elina, ascoltatemi, vi prego. Non sono ricco come ho voluto farvi credere. Non posseggo sfacciati bigliettoni o carte scintillanti. Quelli che avete visto ieri? Ecco, lo confesso: non erano miei. Un mio amico, Roberto, presidente di un'industria, me li aveva dati per fare un assegno bancario. Ha avuto sempre molta fiducia in me. Povero ma onesto, fino alle lacrime. Pazienza. Io? Che cosa faccio? Lavoretti saltuari. Piccole cose che mi consentono di vivere modestamnte".
Silenzio. La piazzetta era sempre deserta. Ma ecco, una macchina passò vicino a loro, quasi sfiorandoli, fermandosi poco lontano. Ne scese un uomo, alto, aitante: il suo amico Stefano.
"Eccolo", sussurrò colpito. "Eccolo quel mio amico di cui parlavo. E' lui il fortunato proprietario di quei soldi. Stefano... ricordo che da bambino non era che uno scimunito. E invece ora..."
Elina lo guardò. Gianni insistette: "Elina, conosco un bel locale in periferia. Vi offrirò qualcosa da bere, lì poi hanno sempre della buona musica e..."
Improvvisamente si accorse che Elina non lo ascoltava. Lo guardava invece distrattamente. All'improvviso sorrise: ma per Gianni fu quasi uno spavento. Il sorriso era accompagnato da due occhi freddi, lontani. Lo stava giudicando. Poi la giovane donna si passò una mano sulla fronte.
"Ho una forte emicrania", disse con voce indifferente. "Non mi sento bene. Devo andare."
Gianni cercò di nascondere la sua delusione e la profonda tristezza che stava per abbattera le mura che difendevano a stento il suo stato d'animo. Ecco, non le interesso più. Ma Elina continuò.
"Senti, potremmo rivederci domani sera. Va bene? Stesso posto, stessa ora."
Il giovane uomo si sentì quasi risorgere: il suo corpo fu pervaso da una nuova, sensazionale scarica di energia positiva. Sì! Sono ancora in corsa!
"Ti ringrazio per la serata. Prenderò un taxi per rientrare, così in pochi minuti sarò a casa. Buona notte, a domani".

La bocca

E' inutile illustrare l'importanza che la bocca ha nel volto: ogni donna interrogando il proprio specchio s'arresta sempre a considerarla, cercando di migliorarla con tutti gli artifici a lei consentiti.
Il colorito delle labbra dipende soprattutto dallo stato della salute e dalla qualità dei tessuti dermici.
Alla volte alterano la tinta e la freschezza naturale delle labbra alcune brutte abitudini: ad esempio passarsi ogni momento la lingua sulle labbra stesse o mordicchiandole coi denti: in tal modo s'irrita e si lacera la sottile cuticola, la bocca diventa tumefatta, scabra, di un brutto colore, mentre il contatto con l'aria fredda provoca subito delle screpolature.
Le alterazioni delle labbra più facili a prodursi, specialmente durante l'inverno, sono appunto le screpolature che dipendono generalmente dallo stato di aridità della mucosa prodotto o dal vento o dall'uso di certi dentifrici, contenenti antisettici irritanti.
Contro la secchezza e le screpolature può bastare come mezzo preventivo l'uso di una pomata al burro di cacao spalmata con parsimonia sulle labbra. Come mezzo curativo, per le persone che vanno soggette a questo inconveniente, solo in via di eccezione, è utile la glicerina. Per chi invece soffre abitualmente dell'alterazione in parola, la glicerina non è consigliabile, perché, ripetutamente applicata alle labbra, le rende opache, le anemizza, diminuisce la loro elasticità sfiorendole anzi tempo.
Consiglio invece la seguente forma:
Cera vergine gr. 10 - olio di mandorle dolci gr. 30 - tintura di benzoino gr. 4.
L'uso del rossetto deve essere fatto con qualche precauzione, e cioè servendosi di prodotti fini e garantiti, ma ritengo inutile dar qui ricette, poiché ogni lettrice ha già il suo rossetto preferito, a cui difficilmente rinuncerà. In genere fra le matite per le labbra, sono da preferirsi quelle d'una tinta moderata, poiché un colore troppo vivido non è mai signorile. Naturalmente, vi sono dei volti sui quali una bocca rossa sta bene, ma bisogna provare e riprovare prima di adottare una tinta.
Quando si usano i rossetti alle labbra bisogna ogni sera addolcire con un unguento, affinché il colore artificiale a lungo andare non dissecchi e avvizzisca la cuticola tanto sottile e delicata. Una pomata al burro di cacao; basta per solito a neutralizzare gli effetti del rossetto e se vi fosse qualche screpolatura, converrà spalmarvi, prima di andare a letto, un po' di miele rosato. Vi sono persone che, senza colorire artificialmente le labbra, le hanno per natura aride, e che toglie loro la levigatezza e quell'umida freschezza che le rende tanto belle: inoltre le labbra asciutte, appaiono per lo più increspate e d'un color violaceo.
Contro l'aridità si farà, alla sera, una lunga, leggere frizione colla pomata canforata, lasciandovela per dieci minuti, trascorsi i quali, si asciugherà la bocca, spalmandola poi con una miscela d'acqua di rose e glicerina in parti uguali.
Un piccolo male fastidioso che altera la bellezza del labbro, è quell'eruzione che si chiama comunemente herpes. L'herpes labiale è solitamente causato da un virus (Herpes simplex) che può essere contratto in seguito a contatti fisici (baci, saliva, ecc.) con persone già infette. Il virus può rimanere latente per molto tempo prima di manifestarsi, a causa di vari fattori. Molte persone vanno soggette a questa noioso e antiestetica fioritura. Purtroppo si tratta di una malattia cronica e non può essere debellata in modo definitivo: esistono tuttavia trattamenti lenitivi. Oltre ovviamente a seguire i consigli e le tipologie di farmaci raccomandati dal vostro medico, nel mio piccolo posso suggerire un vecchio metodo della nonna, ossia toccare leggermente l'eruzione con dell'allume in polvere.
Benché meno visibili, anche le gengive hanno importanza nella bellezza della bocca, specialmente quando, ridendo, si scoprono facilmente. Anch'esse devono essere rosa, sode e sane in tal modo meglio risalta ilc andore dei denti mantenendoli bene incstrati nei loro alveoli. Le gengive pallide o spugnose rivelano un organismo debole soggetto ad anemia, clorosi ed anche a diabete.
Si ricerchi anzitutto la causa nascosta, invece di curare unicamente la parte.
Scoperto il motivo dell'alterazione si curi localmente la mucosa con infusi di foglie di genziana e di altre piante astringenti, masticando, se è possibile, quella speciale erba detta crescione ed anche scorza di cannella. Altrimenti si può usare un colluttorio a base di tannino e di iodio, così facendo si eviterà lo scalzarsi dei denti.

sabato 17 novembre 2012

L'illusione perduta

Nell'entrare nel salone del Grande Albergo, dov'era giunta quella mattina, Elina credeva che vi regnasse ancora la calma. E invece vi si ballava da un pezzo, animatamente. Simona Ariosto, gloriosa cantante in riposo, aveva già esaurito con un do di petto da campanello la sua esibizione e, seduta ora sotto un arco di porta, cercava di rendersi utile come meglio poteva alla direzione, che le offriva sei mesi all'anno di pensione gratuita. A pranzo, poco prima, lei aveva scambiato con Elina, da un tavolino all'altro, le solite vaghe chiacchiere che sono le prime d'una amicizia d'albergo. Svedese? Giunta a Torino da Östersund? E perché di passaggio? Parigi, in aprile, era troppo fredda ancora... che andava a fare a Parigi? Meglio Torino.Adesso, rivedendo nel salone la sua vicina di tavola e accorgendosi che, volte le spalle, stava per uscirne non appena entrata, l'aveva salutata con un sorriso e poi chiamate a sé con un cenno.
"Non vi piace danzare?"
Elina non mentì. Avrebbe potuto rispondere che, stanca del viaggio, preferiva ritirarsi per tempo quella sera. Ma ebbe timore d'arrossire e di denunciare così il rammarico della sua forzata rinuncia. Rispose la verità: che non aveva conoscenze in albergo. Ma nascose un'altra verità, quella che nessuna donna confessa neanche a sé stessa, nel vedersi esclusa da una preferenza accordata ad altre: che veniva da poco da una terribile relazione e di ritenersi assai sciupata fisicamente...
Ma già l'occhio della cantante aveva fermato a distanza qualcuno, e l'attraeva, magnetico, nel'orbita della sua voluminosa persona.
"La signorina Elina Strömberg... Monsieur Rinaldi, il nostro simpaticissimo addetto..."
Il giovinetto s'inchinò, invitandola. Era alto, bello, elegante, inguantato nella sua marsina come un antico, perfetto figurino. Addetto a cosa? La signora Ariosto aveva omesso di dirlo, o forse lei non aveva sentito bene; ma certo l'elegenza del vestire e la correttezza dei modi denunciavano in lui il gentiluomo. E come ballava bene!
Mentre la musica strappava altre coppie qua e là per poi riunirle in uno stretto cerchio come fa con le foglie il vento d'autunno, Elina, fra le sue braccia, si sentiva lieve come una boccata di fumo in un'aria tranquilla. Ondeggiava. Svaniva un poco. Si ricomponeva in spire sinuose. E saliva, saliva...
Da quanto tempo non ballava più? Da un anno e mezzo certamente. Ne avrebbe compiuti trenta entro pochi giorni. Dopo che ad Oslo, ad un ricevimento, s'era rifiuata d'accettare un invito al ballo, Elina aveva disertato ogni attività mondana e s'era chiusa nella tetra malinconia di quei suoi viaggi solitari attraverso l'Europa, trascinando da una città all'altra il vuoto della sua sterile vita e il freddo del suo cuore senza un palpito solo.
Finito quel primo giro, Elina avrebbe voluto rivedere la cantante, per ringraziarla e salutarla prima di risalire; ma, vedendola circondata da altri, sicuramente ammiratori ed illustri personaggi, non osò avvicinarsi. E poiché intanto quel bel Rinaldi era ancora lì fermo ad aggiustarsi la gardenia all'occhiello, come se desideroso di fare un altro giro con lei ed incerto se chiederlo o no, Elina si fece ardita per lui e s'invitò da sé. Sapeva di ballare anche lei molto bene. Non voleva illudersi. Non voleva attribuirlo ad altro.
Ma ciò le dava già una sicurezza.
Al quarto giro, poiché continuavano sempre a ballare insieme, lei gli chiese, sorridendo, in perfetto italiano:
"Faremo dunque coppia fissa stasera?"
Anch'egli le sorrise, pur senza risponderle; e lei ne fu così felice che non esitò ad essere anche un po' maligna... vedeva lì, seduta accanto alla madre, una fanciulla bellissima, che nessuno ancora invitava, e fece di tutto per passarle accanto, per attrarne lo sguardo, per esserne veduta e invidiata fra le braccia del suo bel cavaliere...

Verso l'una di notte, finito il ballo e congedatasi da lui, Elina uscì a respirare all'aperto. Aveva bisogno di aria, di cielo, di stelle. Ve ne erano tante lassù: tutta una limatura, infinite. E la notte era tiepida. E vampe d'aromi giungevano dai giardini circostanti, quasi stordendola.
Non passeggiò. Era stanca e le decolté avevano messo a dura prova i suoi piedi. Sedette su una panchina posta sotto un tiglio, in uno dei viali dei due grandi giardini che offriva l'albergo. Era pressoché deserto a quell'ora, la tranquillità regnava sovrana. Elina si strinse un poco nella giacca, rabbrividendo un po' per una brezza che s'era levata leggera. Intorno era buio, solamente qualche lampione posto qua e là offriva la sua luce come punto di riferimento.
Perché non aveva chiesto al Rinaldi di uscire a prendere una boccata d'aria con lei? Vedeva di tanto in tanto altre coppie passarle accanto, sparire; e si rammaricava adesso di non essere più accompagnata. Certo, non poteva pretendere che lui le facesse quella proposta; ma forse il desiderio in lui c'era, poiché nell'aiutarla a indossare la giacca, s'era ancora indugiato lì accanto, come aveva fatto dopo il primo giro, in un'attesa che non chiedeva altro che di essere compresa ed esaudita. Avrebbe dovuto farsi lei, anche questa volta, un po' ardita. Perché non l'aveva fatto? Colpa sua dunque; o meglio, colpa di un'educazione troppo rigida ed ormai sorpassata, che l'obbligava a quei continui ritegni che allontavano le persone, anziché incoraggiarle.
Non voleva illudersi, con questo, che l'addetto Rinaldi nutrisse già qualche interesse per lei. Ma l'assiduità di quella sera poteva anche essere il segno d'una nascente simpatia. Forse, se l'avesse accompagnata lì fuori, egli non avrebbe mancato di manifestarle questo suo sentimento. Forse anche, fatto ardito dall'oscurità, le avrebbe detto cose non mai udite da lei; avrebbe steso un braccio; avrebbe cercato di carpirle una mano...
D'un tratto sussultò. Le ali di una farfalla notturna le avevano sfiorato una guancia, ridestandola da quel torpore di fantasia nella quale si era racchiusa. E si alzò allora di scatto per rientrare in albergo, quasi per cercarvi rifugio.
Rientrata nella sua stanza, per prima cosa si disfò dei tacchi gettandoli con noncuranza sul pavimento, quasi a volerli punire per la stanchezza accumulata nella serata. Con molta più cura si tolse l'abito, lungo e di un blu vellutato, dimostrando verso di esso una sorta di riverenza. Dopo un rapido strucco e una doccia rigenerante, si lasciò avvolgere dalla sua camicia da notte e si gettò nel letto, speranzosa di essere accolta presto alla reggia di Morfeo. Tuttavia, per lunghe ore non riuscì a chiudere occhio. In una ridda d'impressioni, di pensieri, di propositi nuovi, si faceva alcune domande alle quali non sapeva rispondere ancora. Perché, per esempio, quel desiderio di non ripartire più l'indomani mattina, se aveva già fissata la stanza a Parigi? Forse per le parole della Ariosto, che l'aveva avvertita che per Parigi non era ancora la buona stagione?

L'indomani, nella tarda mattinata, scesa nel vestibolo dell'albergo, Elina si avvide nello scorgere che molti uscivano dalla sala da pranzo e si sedevano ai tavoli disposti lì intorno per sorbirvi il caffè di dopo colazione. Ma lei non s'era addormentata che all'alba. Aveva dormito un sonno riparatore. E si sentiva fresca adesso, leggera, felice. I sentimenti della sera innanzi le si erano ancorati nel cuore con tutte le catene della passione.
La signora Ariosto la salutò dalla strada. Nella potente macchina d'una famiglia torinese andava in gita. Le gridò, agitando le braccia:
"Un saluto, signorina Strömberg! E buon viaggio. Spero abbia gradito il servizio!"
"Come?" il rumore del mezzo le impedì di sentire tutta la frase.
"Devo partire, mia cara, mi spiace. Chissà che non ci si incroci di nuovo, a Parigi... e la prossima volta..."
Le altre parole si perdettero, sovrastate dal fragore della macchina che si slancioava a divorare la strada. Nella nube azzurrognola dello scappamento aperto si videro però ancore le due braccia poderose della cantante agitarsi al saluto.
Elina non ebbe un solo attimo d'esitazione. Andata in segreteria, chiese di pagare il suo conto, avvertendo che sarebbe partita per Parigi nel pomeriggio. Era ormai più che ferma nel proposito di rincorrerla, dovunque, la sua nuova felicità, di non lasciarsela più sfuggire di mano.
"Ci sarebbe poi quest'altro piccolo conto da regolare..." le disse il segretario, mentre lei stava per uscire.
"Quale conto?"
"Il signor Rinaldi, il nostro addetto al ballo, ha finito ieri sera i suoi impegni, sicché..."
Elina si sentì agghiacciare.
"La signorina forse non sapeva?"
"Oh, sì... sapevo..." balbettò lei, mal riuscendo a nascondere il suo disappunto. "Sapevo benissimo... ma ero incerta..."
"Sul modo come regolarsi?"
"Ecco. Volevo anzi chiederne stamane alla signora Ariosto..."
"Di solito si dà immediatamente una mancia. Ma c'è anche una tariffa..."
E il segretario guardò nel suo taccuino.
"Cinque giri, non è vero?"
Elina sentì che le mancava il fiato.
"Cinque, sì, credo..." mormorò, cercando di dare alle sue parole un tono distratto e ridandosi intanto un po' di lucidalabbra.
"Rinaldi balla molto bene..." sorrise il segretario. "Ma certo sarebbe una bella cosa per lui, se potesse trovare ogni sera delle clienti così belle e affezionate alla danza..."
Elina tagliò corto.
"Quanto per ogni giro?"
"Dai venti ai cinquanta, di solito..."
Pagò. Ma, uscita che fu dalla segreteria, più che della rovina in cui era stato seppellito il suo sogno, ciò di cui più si dolse con se stessa fu d'aver messo a nudo un sentimento di cui era tanto gelosa, di aver fatto capire il suo inganno, di essersi esposta ancora una volta allo scherno altrui.
Ne arrossiva di collera, adesso.Se ne rimproverava come d'una colpa. Di avere pagato il prezzo della sua estasi coreografica non le rincresceva affatto. Ma non si rassegnava all'idea di essersi così esposta all'altrui commiserazione.
S'avviò per uscire. Ma dove andava adesso? Non sapeva più. Si arrestò sulla soglia. La mattinata era luminosa di sole, di chiarità, di letizia. Mandando bagliori dalla sua biancheggiante carrozzeria, una grossa auto di lusso s'avviava lungo la strada, lasciandosi dietro una piccola colonna di fumo. Racchette sulla spalla,
 una giovane coppia s'avviava verso il tennis; un'altra rientrava parlandosi sommessamente, gli occhi negli occhi, dicendosi senza dubbio parole d'affetto...

Sempre lì immobile, non sapendo più che pensare, che fare, Elina non sentiva che collera. Si consumava in quella segreta sua rabbia come una candela accesa in una corrente d'aria. E solo i suoi occhi continuavano spietatamente a vedere. Lì dirimpetto, sotto quel tiglio, lei si era concessa una fantasia inebriante che l'aveva distaccata dalla realtà. Ricordava tutto. Il profumo della notte tiepida, l'incanto dell'immenso giardino tranquillo, le ali della farfalla... e un solo rammarico non aveva più: quello di non aver chiesto a Rinaldi d'accompagnarla lì fuori. Almeno quello se lo era risparmiato, considerando tutto. Chissà? Su un taccuino d'appunti, annotato da un segretario di albergo per esserle ricordato prima che ripartisse, il primo bacio della sua nuova vita sarebbe stato forse segnato anch'esso ad un prezzo d'affezione e saldato in calce con una marca da bollo.


Baci baci.

Michaela

giovedì 15 novembre 2012

Rouge sulle labbra

Irrinunciabile per tutti, in ogni tonalità.
Dal rosso vibrante al malva profondo,
dal prugna intenso al mora cupo.

Piene, morbidose e truccate alla perfezione: così devono essere le labbra, messe in risalto da lipstick sempre più seduttivi. In questa stagione trionfa il rossetto rosso, nella nuance classica e in quelle più profonde. Ecco i consigli di Mode d'ogni tempo per non sbagliare.

Come si mette
Il rossetto rosso sta bene a tutti ed esiste un rosso per ogni persona. Il look più glamour a Natale e Capodanno è lo smoky eyes con le labbra rosse. Per le donne dai colori più "caldi" lo consigliamo nei toni dei marroni, mentre per le "fredde" la variante in nero e grigio.
E sulle labbra il rossetto rosso: a chi non si sente completamente a proprio agio con il colore così com'è, intenso e vibrante, consigliamo di stendere prima del rossetto un lip balm e poi applicare il colore con le dita, picchiettando. Per un'applicazione perfetta partire dal centro e proseguire verso l'esterno, per labbra un po' imbronciate ma sexy.

Bocca sensuale
Prima di tutto, le labbra sensuali hanno bisogno di un scrub dedicato a loro, da fare due volte la settimana. Usare burro di cacao e miele (che ha proprietà lenitive) e uno spazzolino dalle setole morbidose, per rendere più lisce. Applicare sia il correttore sia il fondotinta anche sulla bocca, poi con una matita specifica ridisegnare il contorno della labbra "allargandolo" non più di u millimetro. Sfumare la matita verso l'interno e stendere il rossetto utilizzando un pennellino.


Simonetta

lunedì 15 ottobre 2012

Sappiamo far shopping?

Il mondo consumistico in cui viviamo è organizzato per vendere. Ciò è vero, ovvio, scontato. Ma noi che siamo compratrici, siamo organizzate per comperare? Spesso i negozianti danno precisi ordini ai commessi e alle commesse sul modo di venirci incontro, di chiederci cosa desideriamo, di sorriderci; noi siamo uscite, magari per un "vago" e non ben definito shopping in centro; entriamo in un negozio, spesso a caso, senza sapere con precisione che cosa vogliamo acquistare, senza sapere quanto vogliamo spendere. Bisogna quindi saper comperare. Bisogna sapersi organizzare. Non solo per risparmiare qualche euro, ma anche per avere veramente quello che vogliamo comperare.

Fino a non molto tempo fa, ahimé, ero una vera vittima della febbre da shopping. Uscivo, magari col semplice intendo di farmi "un'idea", di "guardare solamente" le vetrine, e poi a fine pomeriggio tornavo con tre o quattro buste e in serata mi prendevano i sensi di colpa. I luoghi più "adescatori" ovviamente erano i negozi del centro città, i mercati e i centri commerciali. Solamente dopo mi rendevo conto di aver fatto una stupidaggine, considerando il basso stipendio percepito da un lavoro non troppo sicuro e con la consapevolezza di aver annullato una buona possibilità per risparmiare. E così, un giorno, ho deciso di organizzarmi, di darmi delle regole, di diventare una "conscious shopper".

Certo, magari c'è chi guadagna bene, chi naviga in buone acque, chi può permettersi di spendere e spandare a piacimento: gioia bella, buon per te! Ma in tempi come questi per tanti di noi giovani le cose non stanno esattamente così... lavoro precario, disoccupazione, magari un figlio da mantenere, studi da perseguire... e saper risparmiare diviene pertanto una regola d'oro. Ho deciso quindi di condividere qualche suggerimento tratto dalle "regole" che mi sono auto-imposta da un anno a questa parte.

1. Sappiate essere organizzate anche nelle piccole spese, non diventate diffidenti e difficili solo quando si tratta di compere in grande. Sappiate soprattutto eliminare le piccole compere improvvise. Le vetrine sono fatte per allietarci, per farci credere di avere necessità di una cosa della quale, invece, non abbiamo affatto bisogno.
Non è vero che ci serve assolutamente quella borsa a tracolla finemente decorata o quella maglia a righe colorate vista in vetrina. Ci sembrano necessarie solo perché, magari grazie anche ad un manichino, in quel momento inevitabilmente finiamo con l'immaginarcele addosso. Se poi entriamo per osservarle meglio o, anzi, per provare il capo che ha catturato la nostra attenzione, siamo un passo più in avanti verso il rischio di finire col comprarlo. Se poi il negozio è ben gestito, si finisce in balie delle commesse e il gioco è fatto. Dobbiamo accettare il prezzo che ci viene chiesto o ritornarcene a casa con un inutile rimpianto.

2. Se entrate in un negozio molto elegante e la cosa da voi desiderata costa più di quanto volevate spendere e di fronte alla vostra esitazione il commesso ha l'aria di commiserare deferentemente la vostra povertà, non esponetevi ad acquistarla ugualmente, quasi, soltanto, per non far credere che non siete in grado di spendere la cifra richiesta. E' una vera debolezza. L'opinione dei commessi, delle commesse o anche delle vostre amiche sulle vostre possibilità finanziarie non vi deve affatto influenzare, così come non vi deve interessare che chi vi accompagna o vi assiste non apprezzi che voi scegliate, tra due oggetti dello stesso tipo ma di differente costo, quello di minor prezzo.

3. Non diffidate mai eccessivamente del venditore. Quando si tratta, è inteso di negozi che hanno un loro nome, una loro sede, una loro serietà. E' certo che su quello che vi vende, il venditore deve guadagnare. Ma non è detto che questo significhi sistematicamente frode od inganno.
Sappiate intuire da voi stesse il grado di onestà del negoziante. Se è onesto la vostra diffidenza lo irrita e lo spinge proprio a servirvi male: più furbo di voi, se vuole, vi riuscirà sempre. Se non è onesto è inutile fare l'esperta nei suoi riguardi. State attente all'inganno, senza farglielo capire. Avete una voce, che potrete potrete poi usare, parlando con le vostre amciche, familiari e conoscenti, per far sapere che in quel particolare negozio è meglio non andare.

4. Se entrate in un negozio per comperare una data cosa e non la trovate, comandatevi in tutti i casi, senza eccezione, di non comperare in quello stesso negozio un altro articolo. Per lo meno, non da subito. Quante volte mi è scattata la vocina del diavoletto che faceva: "Bene, userò i soldi che volevo spendere in quella determinata cosa per acquistarne un'altra". Andate in un altro negozio, ma non in quello dove non avevano ciò che desideravate, per non rischiare di comprare altro. Se poi, dopo una accurata ricerca, proprio non riusciamo a trovare l'articolo che ci interessa, allora diventa legittimo acquistare qualcos'altro. Ma anche questo lo possiamo evitare. Ascoltiamo la voce dell'angioletto che fa: "Ok, non ho trovato quello che cercavo. Terrò questi soldi da parte per altre evenienze. E chissà, magari fra qualche tempo riuscirò a trovare ciò che mi interessava".

5. Non è vero che l'alto prezzo sia indice di buona qualità della merce, ma non è nemmeno vero che si possano fare acquisti miracolosi con poco denaro. Non parteggiate mai per alcuna delle due teorie. Vi sono negozi in cui il prezzo altissimo è uno specchietto per quelle compatrici che ragionano: prezzo alto=prodotto buono. Vi sono invece posti in cui il prezzo è lo specchietto per le compratrici che hanno mezzi limitati. La regola invece è un'altra: diffidare dei prezzi sproporzionatamente alti o sproporzionatamente bassi. Una bottiglietta di profumo anche se fatta dalla Maga Magò dei profumo coi sentori più rari dell'universo non può valere 100€ di spesa. Il prezzo di 100€ è stato messo soltanto per ingolosire le ricche sfaccendate alla moda. Allo stesso modo un abito, per quanto di splendido aspetto o dalle affascinanti tonalità di colore, non può valere solo 10€. Evidentemente c'è qualcosa sotto: materiali scadenti, tinture irritanti, tessuti che si rovinano al primo lavaggio. Diffidiamo.

6. Molti credono di poter comperare perché sanno discutere sui prezzi,  sanno contrattare e acquistare a 99,75€ quello che era messo in vendita a 100€. Questa abilità bisogna lasciarla a chi va a comperare nelle fiere, nei mercati o luoghi del genere. Il negoziante serio adotta il prezzo fisso. Quando non è periodo di saldi il negoziante un po' meno serio, che volendo adescare l'acquirente offrendole la soddisfazione di aver saputo "tirare giù il prezzo", esagera il prezzo dei cartellini, in modo che facendo uno sconto alla cliente, non vi rimette neppure un centesimo. Inoltre, si contrattano solo le spese un po' forti: allo stesso modo che entrando in un bar non contrattiamo sul prezzo del caffè, così evitiamo rincresciose discussioni per una spese di poche decine di euro.

Infine, secondo me, la donna che sa far shopping è, sia pure con un po' di esagerazione, quella che fa meno acquisti. Ripeto: il mondo consumistico è organizzato per vendere molto, per vendere più del necessario. La nostra organizzazione dovrà consistere essenzialmente nel non lasciarci trascinare da tutti i desideri che il mondo consumistico ci suscita, acquistando solo ciò che realmente ci occorre.

Baci baci.

Michaela

lunedì 6 agosto 2012

Quel che la moda va proponendo...

Piena estate, festa di sole e di azzurro, le città sono disertate per il mare, per i monti, per la campagna, e tutta l'eleganza che rendeva vive e gioconde le strade di città si è trapiantata nei luoghi di villeggiatura.
Proprio in questo periodo va maturando la moda invernale che presto diverrà tipica nei nostri armadi; intanto però, l'ultimo scorcio d'estate potrà offrirci l'occasione di godere di altre belle giornate al segno della leggerezza e della comodità.

Del resto quest'anno non possiamo lamentarci poiché la moda, dopo un inverno che poteva sembrare pericoloso poiché ci aveva portato un'eleganza fin troppo elaborata e complicata, si è ravveduta ed è apparsa, seppure sempre raffinatissima, semplificata e più giovane. Quest'ultimo elemento è ormai essenziale nella nostra epoca e non sapremmo più adattartci ad una moda che intralci ed impacci il ritmo della nostra vita quotidiana. Si possono fare delle eccezioni soltanto per la moda da sera che infatti contrasta grandemente, con le sue gonne romantiche e con i suoi falbalà, con la semplicità quasi spoglia dei nostri abiti estivi da mattino e pomeriggio. E' una moda, questa, imperniata quasi su un modello unico di gonna ampia per pieghe o per increspature, e di corpettino attillato, ma quante variazioni si snodano su questo tema! L'abito di tela o di shantung con la gonna a pieghe o a teli sgheronati in tinta chiara, bianco e greggio, ha un carattere e una linea decisamente sportivi, e per il mare vediamo che questi abiti si accorciano per formare quei costumini da spiaggia che sono uno dei must di questa stagione.

 Se andate in campagna o in montagna, non mancate di portare con voi un abitino da "contadinella", che si intonerà tanto bene con il paesaggio. Vi sono vari modelli di questi abitini da campagna freschi ed eleganti, uno più grazioso dell'altro e veramente adatti per la vita semplice all'aria aperta. Quello con l'abito dalla gonna increspata e il corpettino senza maniche che si porta con la camicetta di organdì o di velo bianco, quello col corpettino tutto chiuso fino al collo e il volantino di ricamo bianco increspato al collo e alle maniche, e quello con corpettino di una tinta unita e la gonna in tessuto stampato e la camicetta bianca. Per questi abiti potremo preferire tinte vivacissime e di un determinato stile paesano tradizionale, a mazzi di fiori più o meno grandi su fondo nero, verde, turchino, bianco o rosso. Anche i quadretti si adattano a questo genere di abito, ma i tessuti fioriti sono sempre più leggiadri e pittoreschi. A parte gli abiti da contadinella, vi è tutta una serie di abiti di cotone, di lino, di canapa, dalle ampie gonne e dal corpettino scollato e senza maniche, che consente la cura del sole.
Vero Moda, collezione Secret Garden Party



Questi abiti per quanto semplici e poco costosi, sono sempre ravvivati da qualche dettaglio originale e raffinato.
 Una grande tasca applicata sul davanti della gonna e ricamata a motivi di fiori o di frutta, una bella cinturina a nastro con fiocco, un monogramma di grandi dimensioni, applicato sul petto, ed eseguito in tele di vario colore.









Collezione Blugirl




Si va poi notando una tendenza nuova per la moda della prossima stagione, una tendenza che trae ispirazione dalla elegenza del 1880. Abiti dalla gonna larga ornata da quello che si chiamava "tablier" e che infatti è una specie di grembiule arrotondato che fascia strettamente i fianchi e si annoda dietro dove forma un pouff. Moda tutt'altro che facile, ma modernizzata e semplificata dal gusto degli stilisti, essa ha tuttavia una certa grazie, molto carattere e tanta femminilità da esprimere.







Moda tutt'altro che facile, ma modernizzata e semplificata dal gusto degli stilisti, essa ha tuttavia una certa grazia, molto carattere e tanta femminilità da esprimere.







Si comincia poi ad avere qualche notizia circa i colori della moda d'autunno. Dunque avremo pare molto marrone, che abbinato al nero creerà un look caldo ed elegante. La gonna prevarrà nettamente sul pantalone e, lunga fin sotto il ginocchio, si abbinerà perfettamente a stivali dai colori scuri e i tacchi medio-alti.










Oltre al marrone classico, avrà sicura predominanza un marrone rossiccio che a volte sembra quasi un rosso sangue, una tinta ideale, poiché si accorda con qualsiasi altra tinta chiara o scura e permette quindi gli abbinamenti più nuovi ed inattesi. Il più moderno pare sarà l'accordo di questo marrone rossiccio con un blu vivo di bellissimo effetto. A seguire, altri colori su questa linea, come rosso vino, bordeaux, amaranto.












Tanta fantasia nelle calzature, e le scarpe di tipo "ortopedico" vedono declinare rapidamente il loro successo. Pare ci avvieremo ancora verso una forma di scarpa più elegante, nel senso che si tenderà a fare apparire il piede più lungo e slanciato, mentre da qualche stagione ci si impegnava per rendere il piede più tozzo e largo.

Così rivedremo finalmente scarpe con la punta stretta e i tacchi di linea elegante che donano tanta grazia al piede e al portamento. Il protagonista assoluto sarà dunque il tacco alto, il più delle volte in compagnia del plateau: un trend  ormai collaudato da diverso tempo.








Capelli decisamente più lunghi, tali da poter consentire molta varietà di acconciature. I riccioli scendono sul collo dove a volte sono raccolti in un nodo basso a larghe cocche, legato con un nastro o fermato da una fibbia di pristal: uno stile che s'è fatto strada anche fra alcune star del mondo della musica, come mostra la cantante Katy Perry nella foto a fianco. Si tende poi a differenziare la pettinatura da mattino da quella per pomeriggio e per sera.









Per mattino, per sport, per tutte le occasioni della vita pratica e semplice, si lasciano i capelli sciolti che formano un'aureola morbida attorno al viso, mentre per le occasioni più eleganti la pettinatura diventa assai più elaborata con riccioli e ondulazioni disposti in modo molto ricercato e spesso addirittura artistico.


Le onde sono lavorate in modo tradizionale, con la piastra arricciante, per dare il massimo del volume e leggerezza alla capigliatura.



Questo hair-style si presta all'aggiunta di vari accessori per capelli, impreziositi da brillanti, oppure di una gabbia di vello, che dona un aspetto davvero sensazionale. Le pettinature ondulate e ben scolpite danno un tocco di raffinatezza a tutti i tipi di ovale.



Quanto al trucco, eye-liner e rossetto rosso la faranno assolutamente da padrone.




Baci baci.

Michaela



mercoledì 25 luglio 2012

Per essere belle: braccia e scollature

Toletta delle braccia: tutte le mattine dovrete eseguire una lavatura completa delle braccia, con acqua saponosa alla quale aggiungerete alcune gocce di ammoniaca, destinata a rassodarle e imbiancarle. L'insaponatura deve essere nel tempo stesso un massaggio. Tenendo il braccio ben teso, frizionate energicamente risalendo senza arrestarvi dal polso alla spalla durante due o tre minuti: una risciacquatura, accurata completerà l'operazione. Dopo l'asciugatura si farà una leggera frizione con acqua di colonia.

Braccia esili: le braccia devono essere tonde e affusolate: al suo terzo superiore la circonferenza del braccio deve essere uguale a quella del collo e del polpaccio. Se le braccia sono troppo sottili, per svilupparle è necessario fare ogni mattina dieci minuti di esercizi ginnastici: sollevamenti, spinte in avanti, piegamenti, ecc.

Braccia troppo grosse: le braccia troppo grosse hanno bisogno di un massaggio sistematico eseguito coi rulli di gomma: alla sera si applicherà una crema diminuente: si faranno frizioni frequenti con lozioni alcoliche. Se sono pelose si potrà senz'altro eliminare l'inconveniente servendosi di un comune depilatorio. Evitate di radervi, poiché i peli tendono a ricrescere più rigidi e resistenti.

I gomiti: se i gomiti sono scuri, ruvidi, un ottimo rimedio consiste nel piegare il braccio e frizionare il gomito con un mezzo limone alquanto spremuto. Se la pelle fosse eccessivamente dura e squamosa si potrà passare prima una pietra pomice. Alla notte, applicare una buona crema grassa.

Il collo: deve essere rotondo, senza solchi accentuati, e mostrare solo il cosiddetto "collare di Venere". Il collo è una parte del corpo eminentemente plastica, vale a dire che può con tutta facilità ingrossare o dimagrire con opportuni movimenti ginnastici e con il massaggio. Inoltre, se il collo è troppo grasso, ogni sera applicherete un'apposita fascia di gomma: se invece è troppo scarni, un collare di camoscio, dopo di aver spalmato l'epidermide con una buona crema nutriente.

Il sudore: costituisce una seccatura molesta e dannosa anche per gli abiti. Non è consigliabile sopprimere totalmente il sudore adottando degli astringenti troppo energici: andrà bene limitarsi a moderarlo, frizionando con acqua di colonia o qualche astringente leggero e tamponando poi con polvere di talco.

Per la sera: per una serata, se le vostre braccia sono arrossate, scure, o se la vostra scollatura mostra ancora le tracce dell'abbronzatura estiva, che talvolta non scolorisce in modo uniforme, ma a chiazze, adottate una crema cipria, o una cipria liquida, che darà istantaneamente alla vostra epidermide una momentanea tinta uniforme nella sfumatura di colore che preferite, e che potrete scegliere dal bianco abbagliante al bruno intenso, passando per tutta la gamma delle sfumature rosa o avorio. Ricordate che la scollatura da adottare non deve essere uniforme per ogni donna: se avete il collo corto, adottate la scollatura a punta; se il collo è lungo, sottile, preferite una scollatura quadrata. Le spalle rotonde, grassocce, un po' spioventi, saranno deliziosamente messe in rilievo da una scollatura rotonda, abbondante specie nella schiena: mentr una sciarpa leggera, di tulle o di pizzo, inquadrerà meravigliosamente due spalle troppo diritte e maschili.


Mademoiselle

sabato 14 aprile 2012

Domani sarà di moda...

I tessuti più vari si vedranno nelle nuove collezioni: stoffe già pieghettate appositamente, perché i disegni formino nella confezione, righe alternate tessuti tipo cachemire, stoffe a pastiglie messe a righe trasversali o longitudinali, già distribuite per lo sprone, le maniche, la cintura; tessuti uniti con grandi bordi fantasia, tra i più originali, come giochi dell'oca, foglietti di calendario, giardini zoologici, ecc; sete, lane e lino saranno i tessuti predominanti.

Si portano le mantelle in tutte le fogge e dimensioni. Vedremo mantelline brevi, trasparenti, in tinta con l'abito o contrastanti, oppure lunghe mantelle militaresche a doppio rovescio. Altre mantelline saranno a doppio uso: da portarsi sulle spalle, o da mettersi in vita come sopra-gonna aperta o grembiulino.

I colori dominanti: lilla, bianco, nero blu, vinaccia. Le righe sono le più di moda. Vedremo soprabiti a righe a biti uniti, e viceversa.

Praticissimo il tre pezzi: abito a giacca e giacchettone supplementare. Se sapete alternare gli elementi del tre-pezzi potete figurare di avere diversi vestiti con lo stesso vestito.

Le gonne si rialzano di vita, formando sul davanti una specie di bustina rigida che arriva sino al petto.

Le gonne ricche sono il motivo dominante della primavera. Però la moda lo cambia un poco, tenendo teso il telo dietro, e molto ampio quello davanti.

Velette, velette, velette, Colorate, a pastigliette, larghe, fitte, lunghe, corte, ad aureola, ricadenti lungo le spalle. Si usano e si mettono in tutti i modi: a sottogola, sul capo, a mezzo viso, con gli occhi scoperti e la bocca fasciata alla turca.

Molti bottoni negli abiti e nelle camicette. Poche cinture. Le giacche sono lunghe, aderenti, abbottonate, ma senza cintura.

Il lino con guarnizione di pizzo da biancheria è molto usato per camicettine da abito a giacca. E' molto fresco, si lava bene e dura molto. Ha il difetto di spiegazzarsi facilmente.

Per sera si fanno degli abiti semplicissimi in tela franca, in piccato, in lino impunturato. Molto freschi e giovanili, ma francamente troppo poveri e sguarniti. L'abito da sera deve essere ricco di tessuto o di fogge; anche se di linee sobrie deve avere qualcosa che giustifica il suo motivo da parata.

Ho visto un abito da cerimonia con la crinolina. I ritorni ai tempi e alle fogge antiche si fanno sempre più frequenti, e queste evidenti esagerazioni ne sono il segno.

Ritornano gli scialletti in pizzo, velo, laminato, ricchissimi di tessuto, ma di foggia umile e disadorna come quelli delle nonnine povere.


Betta

venerdì 30 marzo 2012

Consigli alla donna di famiglia

Consiglio 1. Poiché stai in casa e altri lavorano per te, non disistimare o non crederti superiore alle ragazze che lavorano.

Consiglio 2. Riempi la tua vita assolvendo i tuoi compiti domestici senza annoiarti mai. Essi formano il tuo lavoro, lo scopo delle tue giornate.

Consiglio 3. Poiché la tua professione risponde alla voce "casalinga" rimani in casa qualche volta, riordinala, sappi cucinare un buon pranzo, rammendare, cucire, stirare. Non crederti originale dichiarando: "Io non so cuocere nemmeno un uovo".

Consiglio 4. Ricordati che in società non devi solo parlare di moda. Vi sono cento altri argomenti diversi, dalla casa al libro che ti devono interessare.

Consiglio 5. Il tuo sogno è di sposarti e di formarti una famiglia. Non dire, tanto per darti un tono, che non pensi neppure al marito.

Consiglio 6. Preparati con equilibrio e ponderatezza a diventare sposa e madre.

Consiglio 7. Quando vuoi imitare qualcuno, non imitare la diva del cinema, la vincitrice del talent show, la donna che ha battuto il primato di velocità nelle corse automobilistiche. Imita tua madre.

Consiglio 8. Quando una sciocca o uno sciocco ti trovano insipida perché non sei che una ragazza di casa, ricordati che essi non dicono la verità, ma seguono una loro fatua e vana posa.

Consiglio 9. Sii lieta del tuo destino semplice, ma tranquillo. Molte ragazze lavorano tutto il giorno e lottano e sono senza una famiglia che le sostenga; altre che tu invidi perché celebri, ammirate, decantate, darebbero tutta la loro fama e il loro splendore per un'ora della tua serenità familiare. Il loro splendore tramonta presto, la tua tranquillità dura tutta la vita.

Consiglio 10. Se suoni il pianoforte, se dipingi paesaggi, conosci giochi di società, molte lingue estere e leggi libri difficili, non assillare i tuoi conoscenti. Tutte le tue qualità sono tali finché tu non le sbandieri insistentemente, e divengono difetti non appena tu dimentichi di essere discreta.


Mademoiselle

venerdì 16 marzo 2012

Dire di no

Nella vita occorre anche saper dire di no!
Sappiatelo dire con giustizia e delicatezza

Sarebbe tanto bello poter accontentare tutti, rendere felice qualcuno con un sì, vedere dei sorrisi al posto di bronci. Ma purtroppo non dipende sempre da noi dire di sì o di no, ma dalle circostanze che sono più forti del nostro desiderio.

Vi sono tre tipi di no: spesso si dice di no per toglierci dall'imbarazzo, per pigrizia, per mancanza di bontà e di solidarietà verso gli altri. E questi no sono cattivi, non dobbiamo dirli, e quando è possibile si dovrebbe dire di sì, per aiutare chi ha bisogno, per favorire chi ci chiede aiuto e consiglio. Questi no sono altrettanti peccati di pigrizia, di avarizia e di egoismo.
Ma ci sono i no che dobbiamo dire, a tutti i costi, poiché il cedere, l'essere deboli, il dire di sì, ci costa meno fatica, ma è contro il nostro dovere ed occorre più coraggio per negare piuttosto che per concedere. E poi vi sono i no obbligati, di quando vorremmo tanto poter dire "" ma non è proprio possibile.
Bisogna saper dire di no, e secondo i casi, con decisione, con dolcezza, con umiltà; dei no convincenti, che spieghino la ragione della negazione, che non offendano ingiustamente; non dei "no" caparbi, duri, che possano creare dell'astio o del dolore inutile.
Un no detto male crea un nemico.

Vi si chiede un piccolo favore che non vi costerebbe gran che, una presentazione, un foglietto, una visita. "No, non posso, non conosco quella persona, non c'è". C'è della gente che risponde di no per sistema, con una serie di bugie per non disturbarsi. E per chi vi ha chiesto il favore può essere importantissimo il vostro sì. Questi no sono cattivi e ingiustificati.
Il vostro bimbo vi chiede qualcosa. Voi che siete pronte a concedergli tutto, giustamente e ingiustamente, in quel momento avete i nervi e dite seccamente: "No". "Perché?" vi chiede il bimbo strabiliato. "Perché ho detto di no". Il bimbo rimane offeso, il senso dell'ingiustizia pesa su di lui. Non sa spiegarsi il perché, e soffre.
"Perché no": allora anche la mamma fa i capricci. E il mondo perfetto rappresentato dalla mamma e dal papà perde così il suo equilibrio.

Ciascuna ha avuto la disgrazia, o l'avrà, di incontrare nella sua vita il tipo del corteggiatore insistente, invadente, che con la sua prepotenza si impone, obbliga quasi ad accettarlo, nonostante non sia né gradito né desiderato. Gli fate capire, se vi vuole accompagnare a casa, che non volete, che non potete. Egli finge di non accorgersene. Lasciandovi sul portone di casa, poi, si invita senz'altro a venire a prendere il caffè il giorno dopo.
La cosa vi secca molto, vi mette in imbarazzo, ma come dirgli di no? Siete deboli, scambiate il concetto di educazione con quello di timidezza. Balbettate qualche scusa inconsistente, poi finite con un sorriso stentato per dire: "Va bene, vi aspetto".
Le vostre madri, le vostre amiche o le vostre coinquiline vi daranno una lavata di capo, inoltre dovrete rinunciare ad un impegno più divertente che vi avrebbe fatto passare la serata in un modo migliore. Tutto perché non siete state capaci di dire di no.
In questi casi fatevi animo, e senza scrupolo, senza finta delicatezza o gentilezza di sorta, dite: "No, non posso". Se l'altro insiste, dite pure: "No, non voglio", opponendo all'invadenza sua la vostra decisione secca e incrollabile. "No", e mentre il corteggiatore è sbaragliato, andatevene per la vostra strada.

Il vostro fidanzato non balla e non ha piacere che andiate a ballare. Voi non ci tenete particolarmente sapendo poi che è una cosa che lo contraria. Ma le vostre amiche insistono, ogni giorno, vi invitano, vi telefonano. Voi tergiversate, prendete dei mezzi impegni, dite dei forse, dei "te lo dirò con sicurezza domani", "vedrò", pensando che all'ultimo momento potrete sempre dir di no. Fate male, perché all'ultimo momento vi troverete ad essere veramente impegnate. Il gruppo è formato, voi sareste imperdonabilmente scortese mancando. Non potete far brutta figura, e finite con l'andare a ballare contro voglia, suscitando un vero e proprio bisticcio col vostro fidanzato.
In questo caso, nessuna esitazione. "No, grazie, non posso, perché il mio fidanzato non vuole", oppure, dall'altro verso, di te no al vostro ragazzo se è l'ennesima volta che vi fa saltare una serata. "No, la settimana scorsa sono rimasta con te, stasera vado a ballare con le mie amiche". E' tanto semplice.

Un'amica vi chiede un favore un po' strano. "Senti, vorrei andare in piscina a nuotare, ma la mamma non vuole. Allora dico che vengo a casa tua; se ti domanda qualcosa dille che è vero, dille di sì". A voi non costa nulla dire di sì, ma nemmeno dire di no.
Prima di tutto è un inganno, poi vi assumete delle gravi responsabilità morali. Sarà verissimo che la vostra amica debba soltanto andare in piscina, ma se andasse altrove, dicendo una bugia anche a voi? E, se pur andando in piscina, le accadesse qualcosa? Voi sareste complici e perciò colpevoli quanto e più di lei.
"No. Non faccio di queste cose. Se tua madre mi domanda qualcosa, le dirò la verità".
La vostra amica vi farà il broncio, ci rimarrà molto male, ma finirà col capire che avevate ragione. Forse così le eviterete di fare una sciocchezza e ve ne sarà grata in futuro.

A volte, tale è l'abilità di un commesso che voi per non saper dire di no, comprate un oggetto inutile, brutto o troppo costoso per i vostri mezzi.
Dite di no.
"No, grazie non mi piace". "No, grazie, non mi occorre". "No, la ringrazio, ma francamente fa schifo". E senza falsa vergogna: "Non posso, è troppo caro per me".

Vi sono dei no dolorosi a pronunciarsi. Qualcuno vi chiede del denaro. Sapete che ne ha disperato bisogno, che dandoglielo risolvereste una situazione incresciosa. Voi avete quel denaro, e vorreste darglielo. Ma avete dei doveri, degli impegni importantissimi: privandovi di quel denaro creereste a voi o alla vostra famiglia dei guai. Siete combattute. Ma non potete dare via quel denaro. Dire di no vi fa male, temete di passare per avare o per spietate.
Non inventatevi scuse meschine, ma dite sempre la verità, con bontà umile, e sarete credute. Anche se non avrete potuto far nulla, la persona che avrà dovuto subire il vostro rifiuto potrebbe comprendervi, poiché avrà sentito in voi il desiderio ma anche l'impossibilità di fare quanto chiedeva.

Che pena dire di no ad un malato che soffre.
Eppure diteglielo, parlandogli della sua salute, facendogli capire che è per il suo bene.
Penoso è dir di no ai bimbi. Talvolta è necessario o per un principio di educazione o perché veramente non è nel nostro potere di accontentarli. Dite di no cercando di spiegar loro il perché, ma se il problema è superiore alle loro menti di fanciulli, allora dite di no distraendoli, consolandoli con altre cose.

Dire di no è un'arte psicologica. Bisogna saperlo dire in modo diverso per ogni caso che si presenta. In ogni caso però bisogna dire di no con volontà e con giustizia, non secondo il capriccio del momento. Un no e un sì possono decidere persino di una vita intera. La cosa più nociva è l'accomodamento, il sì che lascia perplessi, dubbiosi e non risolve mai nulla.

Per sapere e poter dire coscienziosamente di no agli altri, bisogna cominciare col saperlo dire a noi stessi. Con noi stessi siamo spesso troppo indulgenti e transigenti. Stiamo per compiere qualcosa che ci attira, ma che non è del tutto bello? Diciamoci fermamente: "No, non lo faccio", e il nostro no valga come un'imposizione assoluta impartita da un superiore. Prendiamo una decisione, poi abbiamo delle debolezze, dei ritorni. Diciamoci fermamente: "No, non devo". Abbiamo promesso di tacere, di custodire un segreto E siamo lì lì per parlare. Il nostro no tassativo, sia come una mano di ferro posata sulla nostra volontà.

Quando sapremo non cedere con noi stessi, potremo allora essere serenamente inflessibili anche con gli altri.


Mademoiselle